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L Essere Umano Nel Corano

L Essere Umano Nel Corano by : Martire Ayatullah Morteza Motahhari

 

L’Ayatullah Morteza Motahhari (q.d.s.)1 uno dei principali artefici del nuovo risveglio islamico in Iran, nacque a Fariman il 2 Febbraio 1920, allora un villaggio ed oggi una città a circa sessanta chilometri da Mashhad, il grande centro di pellegrinaggio e insegnamento sciita nell’est dell’Iran2. Suo padre era Mohammad Hosseyn Motahhari, un rinomato sapiente che studiò a Najaf e trascorse molti anni in Egitto e nell’Hijaz prima di ritornare a Fariman.

L’anziano Motahhari era di una mentalità differente rispetto a suo figlio che però lo superò in qualità di fama ed erudizione. Il padre era assai devoto all’opera del celebre tradizionista Mulla Muhammad Baqir Majlisi (q.d.s.), mentre suo figlio, tra i sapienti della Shi'a del passato, era particolarmente legato al teosofo Mulla Sadra (q.d.s.).

L’Ayatullah Motahhari ha tuttavia avuto sempre un grande rispetto ed affetto per suo padre, che fu il suo primo insegnante, ed a cui dedicò uno dei suoi più popolari libri, “Dastan-e Rastan” (“L’epica dei Giusti”) pubblicato per la prima volta nel 1960, e scelto poi nel 1965 come libro dell’anno dalla Commissione Nazionale Iraniana per l’UNESCO3.

All’età di dodici anni Motahhari iniziò i suoi studi religiosi formali nella Hawza (centro di studi islamici) di Mashhad, che si trovava in uno stato di declino in parte per ragioni interne e in parte a causa delle misure repressive condotte da Reza Khan, il primo autocrate Pahlavi, contro tutte le istituzioni islamiche. A Mashhad Motahhari scopri il suo grande amore per la filosofia, la teologia e la mistica, un amore che lo accompagnò per l’intero corso della sua vita e che ha dato forma alla sua intera visione sulla religione:

“Ricordo che quando iniziai i miei studi a Mashhad ed ero alle prese con l’apprendimento dell’arabo elementare, i filosofi, i mistici e i teologi mi impressionavano molto più di altri sapienti e scienziati, come gli inventori ed esploratori. Naturalmente non avevo ancora familiarità con le loro idee, ma li vedevo come i pionieri del pensiero umano”. 4

Di conseguenza, la figura che a Mashhad suscitò grande devozione in Motahhari fu Mirza Mahdi Shahidi Razavi (q.d.s.), un insegnante di filosofia; ma Razavi mori nel 1936, prima che Motahhari raggiungesse l’età per partecipare alle sue lezioni, e fu in parte per questo motivo che lasciò Mashhad l’anno successivo per unirsi al crescente numero di studenti che si trovavano nella Hawza di Qom.

Grazie alla saggia direzione di Shaykh 'Abdul Karim Ha'eri(q.d.s.), Qom era sul sentiero di diventare la capitale intellettuale e spirituale dell’Iran Islamico, e Motahhari fu qui abile a trarre beneficio dagli insegnamenti di una vasta gamma di sapienti. Egli studiò Fiqh (giurisprudenza islamica) e Usul5 – le materie fondamentali del curriculum tradizionale – con l’Ayatul­lah Hujjat Kuh-kamari (q.d.s.), l’Ayatullah Seyyed Muhammad Mohaqqeq Damad (q.d.s.), l’Ayatullah Seyyed Muhammad Reza Golpayegani (q.d.s.) e Hajj Seyyed Sadr al-Din as-Sadr (q.d.s.). Ma più importante di tutti essi era l’Ayatullah Borujerdi (q.d.s.), il successore di Ha'eri alla direzione della Hawza di Qom. Motahhari partecipò alle sue lezioni dal suo arrivo a Qom nel 1944 fino alla sua partenza per Tehran nel 1952, e nutriva un profondo rispetto nei suoi confronti.

Una fervente devozione e una stretta affinità caratterizzarono la relazione di Motahhari con il suo primo mentore a Qom, l’Imam Ruhollah Khomeyni (q.d.s.). Quando Motahhari arrivò a Qom, l’Imam Khomeyni era un giovane insegnante, ma era già emerso tra i suoi contemporanei per la profondità e completezza della sua visione islamica e la sua capacità di convogliarla agli altri. Tali qualità si manifestarono nelle celebri lezioni sull’etica che egli tenne a Qom agli inizi degli anni ’30. Queste lezioni attirarono un vasto pubblico, all’interno quanto al di fuori della Hawza, ed ebbero un profondo impatto su tutti coloro che vi partecipavano. Motahhari fece la sua prima conoscenza con l’Imam Khomeyni durante queste lezioni:

“Quando migrai a Qom, trovai l’oggetto del mio desiderio in una personalità che possedeva tutte le caratteristiche di Mirza Mahdi (Shahidi Razavi) in aggiunta ad altre che gli erano peculiari. Compresi che la sete del mio spirito sarebbe stata placata dalla pura primavera di questa personalità. Sebbene non avessi ancora completato le fasi preliminari dei miei studi e non fossi ancora qualificato per intraprendere lo studio delle scienze razionali (ma'qulat), le lezioni sull’etica tenute da questa amata personalità ogni giovedi e venerdi non erano ristrette all’etica nel senso freddo, accademico, bensi legate alla gnosi e allo sviluppo spirituale, e quindi mi coinvolsero. Posso dire senza esagerazione che queste lezioni suscitavano in me un’estasi tale che il loro effetto mi accompagnava fino al lunedi o martedi successivo. Un’importante parte della mia personalità intellettuale e spirituale si E formata in un periodo di dodici anni con questo maestro spirituale (ostad-e elahi) [in riferimento all’Imam Khomeyni]. 6

All’incirca nel 1946 l’Imam Khomeyni iniziò ad insegnare a un piccolo gruppo di studenti che includeva sia Motahhari sia il suo compagno di stanza alla Madreseh Feyziyeh, Montazeri, due testi filosofici chiave, l’Asfar al-Arba'a di Mulla Sadra (q.d.s.) e il Sharh-e-Manzuma di Mulla Hadi Sabzwari (q.d.s.). La partecipazione di Motahhari a questo gruppo, che continuò a incontrarsi fino a circa il 1951, gli consenti di stringere legami più intimi con il suo maestro. Sempre nel 1946, sotto la spinta di Motahhari e Montazeri, l’Imam Khomeyni imparti il suo primo corso formale di Fiqh e Usul, prendendo il capitolo sulle prove razionali dal secondo volume del Kifayatal Usul di Akhund Khorasani come suo testo di insegnamento. Motahhari segui assiduamente il suo corso, proseguendo nel contempo i suoi studi di Fiqh con l’Ayatullah Borujerdi.

Nei primi due decenni del dopo-guerra l’Imam Khomeyni formò numerosi studenti a Qom, che divennero in seguito le guide della Rivoluzione Islamica e della Repubblica Islamica, in modo tale che attraverso essi (oltre che direttamente), l’impronta della sua personalità fu visibile in tutti gli sviluppi chiave del decennio scorso. Ma nessuno tra i suoi studenti coltivò con l’Imam Khomeyni la stessa relazione di affinità come Motahhari, un’affinità testimoniata dallo stesso Imam.

Il pupillo e il maestro condivisero un attaccamento profondo riguardo a tutti gli aspetti dell’erudizione tradizionale; una visione completa dell’Islam come sistema totale di vita e credo, con particolare importanza prestata ai suoi aspetti filosofici e mistici; assoluta lealtà alla Hawza, temperata dalla consapevolezza della necessità di riforma; desiderio di un completo cambiamento sociale e politico, accompagnato da un grande senso di strategia e di tempi; una capacità di uscire al di fuori del circolo dei religiosi tradizionali, e ricevere l’attenzione e lealtà degli intellettuali moderni.

Tra gli altri grandi maestri che influenzarono Motahhari a Qom vi era il grande esegeta del Corano e filosofo, l’Ayatullah Seyyed Muhammad Hosseyn Tabataba'i (q.d.s.). Motahhari partecipò sia alle lezioni di Tabataba'i sul Shifa' di Abu 'Ali Sina (Avicenna) che tenne tra il 1950 ed il 1953, sia agli incontri che avevano luogo sotto la sua direzione il giovedi pomeriggio. Il soggetto di questi incontri era la filosofia materialista, una sorprendente scelta per un gruppo di sapienti tradizionali. Motahhari stesso aveva nutrito un interesse critico verso la filosofia materialista, specialmente il marxismo, subito dopo aver intrapreso lo studio formale delle scienze razionali.

In accordo alle sue memorie, intorno al 1946 iniziò lo studio delle traduzioni in lingua persiana della letteratura marxista pubblicate dal partito Tudeh, la maggiore organizzazione marxista in Iran e a quel tempo importante forza sulla scena politica. In aggiunta, egli lesse gli scritti di Taqi Arani, il maggiore teorico del partito Tudeh, oltre alle pubblicazioni marxiste in lingua araba provenienti dall’Egitto. Inizialmente ebbe alcune difficoltà nella comprensione di questi testi, non avendo familiarità con la terminologia filosofica moderna, ma dopo un notevole sforzo (che includeva l’elaborazione di una sintesi del “Principi Elementari di Filosofia” di Georges Pulitzer), riusci a padroneggiare l’intero soggetto della filosofia materialista. Questa padronanza lo rese una figura assai influente nel circolo di Tabataba'i e successivamente, dopo il suo trasferimento a Tehran, un combattente efficace nella guerra ideologica contro il marxismo e le interpretazioni dell’Islam influenzate dal marxismo.

Numerosi saggi critici del marxismo sono stati pubblicati nel mondo islamico, tanto in Iran quanto altrove, ma quasi tutti hanno fallito nell’andare oltre le ovvie incompatibilità del marxismo con il credo religioso e i fallimenti e le inconsistenze dei partiti politici marxisti. Motahhari, al contrario, E andato alle radici filosofiche della questione e dimostrò con una logica rigorosa le contraddizioni e la natura arbitrariamente ipotetica dei principi chiave del marxismo. I suoi scritti polemici sono caratterizzati più da una forza intellettuale che retorica o emotiva. Tuttavia, per Motahhari la filosofia era ben altro che un giocattolo polemico o una disciplina intellettuale; si trattava di un particolare tipo di religiosità, una via di comprensione e formulazione dell’Islam. Motahhari appartiene infatti alla tradizione filosofica sciita che risale almeno a Nasir ad-Din Tusi, una delle sue maggiori fonti di ispirazione.

Dire che la visione dell’Islam di Motahhari era filosofica non implica che egli mancasse di spiritualità o fosse determinato a subordinare i dogmi rivelati alle interpretazioni filosofiche e imporre la terminologia filosofica a tutti i domini riguardanti la religione; significa piuttosto che egli vedeva l’ottenimento della conoscenza e la comprensione come il primo obiettivo e beneficio della religione e per questo motivo diede alla filosofia una certa preminenza tra le discipline coltivate nella Hawza. Cosi egli contrastò sia quei numerosi sapienti per i quali il Fiqh era l’inizio e la fine del curriculum, che i modernisti, per i quali la filosofia sarebbe un’intrusione ellenistica nel mondo dell’Islam, e anche tutti coloro il cui ardore rivoluzionario aveva reso impazienti verso un accurato pensiero filosofico.7

La particolare scuola filosofica a cui aderiva Motahhari era quella di Mulla Sadra, la “filosofia trascendentale” (hikmat muta'aliya) che cerca di combinare i metodi gnostici con quelli della deduzione filosofica. Motahhari era un uomo di disposizione tranquilla e serena, tanto nel suo comportamento generale quanto nei suoi scritti. Anche quando si addentrava in polemiche, egli era invariabilmente cortese e usualmente si asteneva dall’utilizzare un lessico emotivo e ironico. Ma tale era la sua devozione per Mulla Sadra che egli lo difendeva appassionatamente anche contro critiche lievi e accidentali, ed egli scelse per il suo primo figlio – come per la casa editrice in Qom che pubblicava i suoi libri – il nome Sadra.

Nella misura in cui la scuola filosofica di Sadra tenta di fondere i metodi di illuminazione interiore e riflessione intellettuale, non E sorprendente che sia stata soggetta a varie interpretazioni da parte di coloro che erano più inclini a un metodo piuttosto che all’altro.

A giudicare dai suoi scritti, Motahhari appartiene a coloro per i quali la dimensione intellettuale della scuola di Sadra era predominante; vi E poco del tono mistico o marcatamente spirituale rintracciabile in altri esponenti del pensiero di Sadra, forse perché Motahhari vedeva le proprie esperienze interiori come irrilevanti nel compito di istruire che si era assunto, o addirittura come un segreto intimo da celare. Più probabilmente, tuttavia, questa predilezione per una dimensione strettamente filosofica della “filosofia trascendentale” era un’espressione dello stesso temperamento e genio di Motahhari.

A questo riguardo egli differisce profondamente dal suo grande mentore, l’Imam Khomeyni, il quale in molti pronunciamenti politici si esprime con un linguaggio e un’attitudine propri della gnosi e della spiritualità.

Nel 1952 Motahhari lascia Qom per Tehran, dove sposa la figlia dell’Ayatullah Ruhani (q.d.s.) ed inizia ad insegnare filosofia presso la Madreseh Marwi, una delle principali istituzioni di insegnamento religioso nella capitale. Non si trattava dell’inizio della sua carriera di insegnante, perché già a Qom aveva cominciato l’insegnamento di alcune materie – logica, filosofia, teologia e giurisprudenza – mentre egli stesso era ancora studente. Pare però che Motahhari sia diventato progressivamente impaziente con una certa ristretta atmosfera di Qom, con la faziosità prevalente tra alcuni degli studenti e i loro insegnanti, e con la loro lontananza dalle preoccupazioni della società. Le sue stesse prospettive future a Qom erano piuttosto incerte.

A Tehran Motahhari trovò un campo più soddisfacente per le attività religiose, educative e infine politiche. Nel 1954 venne invitato a insegnare filosofia alla Facoltà di Teologia e Scienze Islamiche dell’Università di Tehran, dove insegnò per ventidue anni. La regolarizzazione della sua designazione prima, e la sua promozione a professore poi, vennero ritardate dalla gelosia di colleghi mediocri e da considerazioni di natura politica (la vicinanza di Motahhari all’Imam Khomeyni era ben nota). Ma la presenza di una figura come Motahhari in un’università secolare era significativa ed efficace.

Molte persone con un retroterra di Madresah giunsero a insegnare nelle università, e si trattava in genere di persone di grande erudizione, ma quasi senza eccezione, esse abbandonarono la visione islamica, insieme con il loro turbante e mantello. Motahhari, al contrario, arrivò all’università come un articolato e convinto esponente della scienza e sapienza islamica, quasi come un inviato della Hawza all’insegnamento secolare. La risposta fu molto positiva. Fu come se Qom avesse funzionato quale motore pedagogico sulla sua personalità, mentre a Tehran egli dovette manifestare pubblicamente le sue potenzialità.

Oltre a costruire la sua reputazione come insegnante universitario popolare ed efficace, Motahhari partecipò nelle iniziative di numerose associazioni islamiche di professione (anjomanha) che nacquero sotto la supervisione di Mahdi Bazargan e dell’Ayatullah Taleqani (q.d.s.), insegnando ai loro medici, ingegneri, professori e aiutando a coordinarne le attività, e un certo numero di libri di Motahhari consiste infatti nelle trascrizioni rivedute di serie di lezioni tenute presso associazioni islamiche.

La volontà di Motahhari di una più ampia diffusione della conoscenza religiosa nella società e un più effettivo coinvolgimento dei sapienti religiosi negli affari sociali lo portò nel 1960 ad assumere la guida di un gruppo di 'Ulama di Tehran conosciuto come “Anjoman-e Mahane-ye Dini” (“Incontro religioso mensile”). I membri di questo gruppo, che includeva il martire Ayatullah Beheshti (q.d.s.), un compagno-studente di Motahhari a Qom, organizzavano mensilmente lezioni pubbliche con l’obiettivo simultaneo di dimostrare la preoccupazione dell’Islam nei confronti delle questioni contemporanee e stimolare un pensiero riformatore tra gli Ulamà. Le lezioni venivano stampate sotto il titolo di “Goftar-e-Mah” (“Discorso del mese”) e divennero molto popolari, ma il governo le bandi nel Marzo del 1963, quando l’Imam Khomeyni iniziò la sua denuncia pubblica del regime Pahlavi.

Uno degli eventi più importanti, di natura simile, fu nel 1965 la fondazione della Hosseyniyeh Ershad, un’istituzione a nord di Tehran creata per ottenere il sostegno dei giovani che avevano ricevuto un’educazione secolare all’Islam. Motahhari era tra i membri del direttivo; egli inoltre insegnava presso la Hosseynieyh Ershad e curava e contribuiva a differenti sue pubblicazioni. Questa istituzione fu abile ad attirare un gran numero di persone alle sue attività, ma tale successo – che senza dubbio sorpassò le aspettative dei fondatori - venne oscurato da diversi problemi interni. Uno di questi era il contesto politico delle attività dell’istituto, che sollevò differenti opinioni sull’opportunità di passare da insegnamenti di riforma a un confronto politico.

Le parole giocano in generale un più efficace e immediato ruolo nel promuovere cambiamenti rivoluzionari rispetto agli scritti, e sarebbe possibile comporre un’antologia dei sermoni, discorsi e lezioni chiave che hanno portato avanti la Rivoluzione Islamica dell’Iran. Ma il chiarimento del contenuto dottrinale della Rivoluzione, la sua demarcazione da scuole di pensiero oppositrici o concorrenti E dipesa necessariamente dalle parole scritte, dalla composizione di opere che espongono la dottrina islamica in forma sistematica, con particolare attenzione a questioni e problemi contemporanei. In questa area, il contributo di Motahhari fu unico nella sua portata intellettuale e negli obiettivi; egli infatti scrisse in maniera assidua e continua, dai giorni in cui era studente a Qom fino al 1979, l’anno del suo martirio.

Gran parte della sua opera venne segnata dalla stessa enfasi e dal tono filosofico già menzionati, e probabilmente ritenne come il suo più importante lavoro Usul-e Falsafe va Ravesh-e Re'alism (“I principi della filosofia ed il metodo del realismo”), una serie di annotazioni delle lezioni di Tabataba'i del giovedi pomeriggio a Qom, con a margine i commenti di Motahhari. Egli non scelse però gli argomenti dei suoi libri in accordo al proprio interesse personale o alla propria predilezione, ma alla sua percezione delle necessità; ovunque mancasse un libro su argomenti vitali d’interesse islamico contemporaneo, Motahhari cercò di colmarne il vuoto.

Da solo ha realizzato la costituzione dei principali elementi della libreria contemporanea islamica. Libri come 'Adl-e Elahi (“La Giustizia Divina”), Nezam-e Hoquq-e Zan dar Eslam (“Il sistema dei diritti delle donne nell’Islam”), Mas'ale-ye Hejab (“La questione del hijab”), Ashna'i ba Ulum-e Eslami (“Un’introduzione alle scienze Islamiche”) e Moqaddame'i bar Jahanbini-ye Eslami (“Un’introduzione alla visione islamica del mondo”) erano tutti concepiti per colmare una necessità, contribuire ad un’accurata e sistematica comprensione dell’Islam e dei problemi della società islamica.

Questi libri possono essere ritenuti come il più duraturo e importante contributo alla rinascita dell’Iran Islamico, ma la sua attività possedeva anche una dimensione politica che, sebbene subordinata, non deve essere ignorata. Mentre era studente e neo-insegnante a Qom egli aveva cercato di instillare la consapevolezza politica nei suoi contemporanei ed era particolarmente vicino ai membri di Fadaiyan-e Eslam, l’organizzazione militante islamica fondata nel 1945 dal martire Seyyed Nawwab Safawi. Il quartier generale dei Fadaiyan a Qom era la Madreseh Feyziyeh, dove lo stesso Motahhari risiedeva, ed egli cercò invano di prevenire la loro rimozione dalla Madresah da parte dell’Ayatullah Borujerdi, che era risolutamente contrario ad ogni confronto politico diretto con il regime dello Shah.

Durante la lotta per la nazionalizzazione dell’industria petrolifera iraniana Motahhari simpatizzò con gli sforzi dell’Ayatullah Kashani (q.d.s.) e di Muhammad Musaddiq, sebbene criticasse quest’ultimo per la sua adesione al nazionalismo secolare. Dopo il suo spostamento a Tehran Motahhari collaborò con il “Movimento della Libertà” di Bazargan e Taleqani, senza divenirne però una delle figure guida.

Il suo primo serio confronto con il regime dello Shah avvenne durante il sollevamento del 15 di Khordad 1342 (6 Giugno 1963), quando egli si presentò pubblicamente come seguace, tanto politico quanto intellettuale, dell’Imam Khomeyni, distribuendo le sue dichiarazioni e chiamando ad appoggiarlo nei sermoni da lui tenuti e per questo venne arrestato e imprigionato per trentatré giorni.8 Dopo il suo rilascio partecipò attivamente alle attività di varie organizzazioni sorte per mantenere il momentum che era stato creato dal sollevamento, la più importante delle quali era l’“Associazione dei Sapienti Religiosi Militanti” (Jame-ye Rohaniyat-e Mobarez).

Nel Novembre del 1964 l’Imam Khomeyni entrò nei suoi quattordici anni di esilio, passati dapprima in Turchia e in seguito a Najaf (Iraq), e durante questo periodo Motahhari rimase in contatto con l’Imam Khomeyni in vari modi anche visitando Najaf; e quando la Rivoluzione Islamica raggiunse il suo apice nell’inverno del 1978 e l’Imam Khomeyni lasciò Najaf per Parigi, Motahhari fu tra coloro che si recarono in Francia per poterlo incontrare e consultare. La sua vicinanza all’Imam Khomeyni venne confermata dalla sua designazione nel Consiglio della Rivoluzione Islamica, della cui esistenza l’Imam diede annuncio il 12 Gennaio 1979.

I servigi di Motahhari alla Rivoluzione Islamica vennero brutalmente interrotti dal suo assassinio il 1° Maggio 1979. L’omicidio venne eseguito da un gruppo conosciuto come Furqan9, che si proclamava rappresentante di un “Islam progressista”, libero dalla supposta influenza distorta dei sapienti religiosi. Sebbene Motahhari nel momento del suo assassinio fosse il presidente del Consiglio della Rivoluzione Islamica, era in realtà il pensatore e scrittore che veniva martirizzato. Nel 1972 Motahhari pubblicò un libro intitolato “Elal-e Gherayesh be Maddigari” (“Ragioni dell’attrazione del materialismo”) un importante lavoro di analisi del retroterra storico del materialismo in Europa e in Iran.

Durante la Rivoluzione egli scrisse un’introduzione all’ottava edizione di questo libro, attaccando le distorsioni del pensiero di Hafez e Hallaj che erano diventate di moda in alcuni segmenti della società iraniana e rifiutando certe interpretazioni materialistiche del Corano. La fonte di queste interpretazioni era il gruppo Furqan, che cercava di negare concetti coranici fondamentali come la trascendenza divina e la realtà dell’aldilà. Come sempre in questi casi, il tono di Motahhari era persuasivo e stimolante, privo di rabbia o condanna, ed egli invitò inoltre Furqan e le altre parti interessate a una risposta, e a commentare quanto aveva scritto. La loro sola risposta fu la pistola.

La minaccia di assassinare tutti coloro che gli si opponevano era già contenuta negli scritti di Furqan, e dopo la pubblicazione della nuova edizione di “Elal-e Gherayesh be Maddigari”, Motahhari ebbe apparentemente alcune premonizioni del suo martirio. Secondo la testimonianza di suo figlio, Mojtaba, un certo tipo di distaccamento dalle questioni mondane divenne visibile in lui; incrementò le sue preghiere notturne e la lettura del Corano, ed ebbe un sogno nel quale si trovava in presenza del Profeta (S)10, insieme con l’Imam Khomeyni (q.d.s.).

Martedi 1° Maggio 1979 Motahhari si trovava nella casa di Yadullah Sahabi in compagnia di altri membri del Consiglio della Rivoluzione Islamica. Intorno alle 22.30, insieme a un altro partecipante all’incontro, l’ingegnere Katira'i, lasciò la casa di Sahabi. Camminando in una via adiacente dove era parcheggiata l’auto, Motahhari improvvisamente senti una voce sconosciuta chiamarlo. Si guardò attorno per vedere da dove provenisse e, non appena lo fece, una pallottola lo colpi in testa, penetrando sotto l’orecchio destro e uscendo dal sopracciglio sinistro.

Mori quasi all’istante, e sebbene venne portato nel vicino ospedale, non rimase altro da fare che piangere per lui. Il corpo rimase in ospedale il giorno seguente, e poi il giovedi mattina venne portato per le preghiere funebri prima all’Università di Tehran e poi a Qom, vicino la tomba di Shaykh 'Abdul Karim Ha'eri (q.d.s.), all’interno del sacro mausoleo dedicato a Hazrat Fatima Ma'sumah (A).

L’Imam Khomeyni (q.d.s.) pianse apertamente quando Motahhari venne seppellito a Qom, e lo descrisse come un suo “caro figlio”, come “il frutto della mia vita” e “parte della mia carne”. Ma nel suo comunicato l’Imam Khomeyni ribadi anche che con l’uccisione di Motahhari né la sua personalità ne aveva risentito, né il corso della Rivoluzione veniva interrotto:

“Lasciate che i malvagi sappiano che con la dipartita di Motahhari – la sua personalità islamica, la sua filosofia e conoscenza, non ci hanno lasciati. Le uccisioni non possono distruggere la personalità islamica dei grandi uomini dell’Islam…L’Islam cresce attraverso il sacrificio e il martirio dei suoi cari. Dal tempo della rivelazione a quello presente, l’Islam E sempre stato accompagnato dal martirio e dall’eroismo.”11

La personalità e l’eredità dell’Ayatullah Motahhari sono certamente indimenticabili nella Repubblica Islamica, al punto che la sua presenza post-mortem, attraverso il suo pensiero, ha influito quasi tanto quanto il suo operato in vita. L’anniversario del suo martirio E regolarmente commemorato, celebrato come il “Giorno del Maestro”, con il suo ritratto onnipresente in tutto l’Iran. Molti dei suoi scritti inediti sono stati stampati per la prima volta, e l’intero corpus delle sue opere E ora distribuito e studiato su larga scala. Nelle parole dell’Ayatullah Khamenei, l’attuale Guida della Rivoluzione Islamica, le opere di Motahhari costituiscono “l’infrastruttura intellettuale della Repubblica Islamica”.

Sforzi sono pertanto in corso per promuovere la conoscenza degli scritti di Motahhari al di fuori del mondo di lingua persiana, e il Ministero della Guida Islamica sta sponsorizzando la traduzione dei suoi lavori in differenti lingue.

In un certo senso, comunque, sarà più consono alla memoria di Motahhari se l’Iran rivoluzionario dimostrasse la capacità di costruire una politica, una società, un’economia e una cultura autenticamente e integralmente islamiche, poiché la vita di Motahhari fu orientata verso un obiettivo che trascende le motivazioni individuali e il suo martirio fu l’espressione finale di questa sua attitudine personale.

Sue opere tradotte in italiano:

• L’uomo e la fede

• Società e storia

• La contemplazione del mistero

• La visione unitaria del mondo, Semar

• (con R. Khomeyni), La Via spirituale, Semar

• L’Islam e il pluralismo religioso, Irfan Edizioni

• La vita eterna

• La guida e il magistero

• La questione dell’hijab

• L’etica sessuale nell’Islam e nel mondo occidentale,

• Il martire.
________________________
1. Abbreviazione dell’eulogia araba “quddisa sirruhu”, che significa letteralmente “sia santificato il suo segreto”. Questa eulogia viene utilizzata dopo la menzione dei sapienti più pii del passato, specialmente di coloro la cui conoscenza non si limitava soltanto a quella dello studio formale ma anche a quella di tipo più profondo e spirituale.

2. Questa breve biografia della vita e delle opere dell’Ayatullah Motahhari E basata principalmente su “Seyri dar Zendeghi-ye `Elmi va Enqelabiye Ostad Shahid Morteza Motahhari” di Muhammad Wa'izzada Khurasani’ (in Yadname-ye Ostad Shahid Morteza Motahhari, ed. `Abdul Karim Surush, Teh­ran, 1360 Sh./1981, pp. 319-380), un articolo ricco di informazioni su molti aspetti della recente storia dell’Iran Islamico. Si E fatto riferimento anche all’articolo di Mojtaba Motahhari “Zendeghi-ye Pedaram”, in Harakat (giornale degli studenti della Facoltà di Teologia di Tehran), n. 1 (n.d.), pp. 5-16; M. Hoda, In Memory of Martyr Motahhari, un opuscolo pubblicato dal Ministero della Guida Islamica, Tehran, Aprile, 1982; e all’introduzione autobiografica dell’Ayatullah Motahhari all’ottava edizione di `Elal-e Gherayesh be Maddigari; Qom, 1357 Sh./1978, pp. 7ff

3. Il testo, dopo la vittoria della Rivoluzione Islamica, E stato tradotto e pubblicato in differenti lingue, tra le quali l’inglese, il francese e lo spagnolo.

4. `Elal-e Gherayesh be Maddigari, Pag. 9.

5. Si tratta della “scienza dei principi” ('ilm al-usul) o dei “principi di giurisprudenza” (usul al-fiqh), una materia di natura prevalentemente razionale che si occupa di stabilire le regole generali attraverso le quali sarà poi possibile dedurre i precetti specifici della giurisprudenza islamica. In ambito sciita, le prime opere inerenti a questa scienza di cui si hanno notizie risalgono a Hisham Ibn Hakam, un compagno dell'Imam al-Sadiq (A), e a Yunus Ibn 'Abdul-Rahman, discepolo dell'Imam al-Ridha (A).

6. Ibid.

7. L’autorevole dichiarazione che riflette questa opinione venne fatta da Sayyid Qutb nel suo Khasa’is al-Tasawwur al-Islami wa Muqawwimatuhu (Cairo, numer­ose edizioni), opera che era stata tradotta in persiano ed ebbe una certa influenza sulle idee riguardanti la filosofia.

8. Il nome di Motahhari era il nono in una lista di sapienti religiosi che erano stati arrestati preparata dall’ufficio del pubblico ministero militare nel Giugno del 1963. Cfr. Il facsimile della lista E in Dihnavi, Qiyam-e Khunin-e 15 Khordad 42 be Revayat-e Asnad, Tehran, 1360 Sh./1981, Pag. 77.

9. Il gruppo terroristico Furqan, guidato da Akbar Gudarzi, iniziò la sua attività nel 1977. Questo gruppo martirizzò, oltre all’Ayatullah Motahhari-, tra gli altri, il Capo di Stato Maggiore Qarani, e fu responsabile di un tentativo di assassinio dell’Ayatullah al-Udhma Seyyed 'Ali Khamenei, che grazie a Dio scampò all’attentato. Nei comunicati pubblicati da questo gruppuscolo i suoi esponenti affermavano di esser seguaci del pensiero di 'Ali Shari'ati per giustificare il loro pseudo-islam marxista. Come ha rilevato il professore Hamid Algar (docente presso l'Università di Berkeley), profondo e diretto conoscitore dell’Iran pre e post rivoluzionario, questo gruppuscolo era una “chiara creazione della C.I.A. e degli Stati Uniti”, ricordando come nei primissimi tempi della Rivoluzione Islamica l'allora ambasciatore statunitense a Tehran invitò un certo numero di accademici affinché lo informassero su alcuni argomenti di particolare interesse, tra i quali Shari’ati e il suo pensiero, e che la C.I.A. aveva assunto alcune donne per preparare una traduzione completa in inglese dei lavori di Shari'ati a “consumo interno” del Dipartimento di Stato USA e dei servizi segreti (cfr. "The Islamic Revolution in Iran", pag. 42, trascrizione di quattro lezioni del professor Hamid Algar al "Muslim Institute" di Londra, stampato da Kalim Siddiqui, 1980).

10. (S) Abbreviazione dell’eulogia araba “Sallal-La-hu 'alayhi wa ãlihi wa sallam”: “Pace e benedizioni di Dio su di lui e sulla sua famiglia”. (N.d.T.)

11. Testo della dichiarazione dell’Imam Khomeyni in Yadnama-ye Ostad Shahid Morteza Motahhari, pp. 3-5.
L’essere umano occupa una posizione singolare nella visione islamica del mondo.

Nell’Islam, infatti, gli esseri umani non sono considerati esclusivamente come animali dalla statura eretta che possiedono unghie piatte, camminano su due gambe e parlano. Come E scritto nel Sacro Corano, essi sono molto più complessi e misteriosi di quanto la parola “essere umano” possa lasciare intendere.

Nel Sacro Libro gli esseri umani sono elogiati e, allo stesso tempo, biasimati ripetutamente: per loro vengono utilizzati i migliori encomi e i peggiori rimproveri. Essi sono considerati superiori ai cieli, alla terra e agli angeli e, allo stesso tempo, inferiori alle bestie da soma e ai demoni; sono considerati delle creature in grado di conquistare il mondo e di mettere al proprio servizio gli angeli, eppure cosi deboli da poter sprofondare nella più infima bassezza.

Sono gli esseri umani, quindi, che devono decidere per se stessi e determinare il loro destino ultimo.
1. Aspetti positivi dell’essere umano
1. Gli esseri umani sono i vicari di Dio sulla Terra:

“Il giorno che {Allah} decise di crearlo {l’essere umano}, comunicò questa Sua decisione agli angeli. Essi dissero: “Vuoi forse creare chi porterà la corruzione e spargerà il sangue sulla terra?”. {Allah} disse: “In verità, Io so ciò che voi non sapete” (Sacro Corano, Sura al-Baqara, 2:30).

“Egli E Colui che vi ha costituiti Suoi vicari sulla terra per provarvi in quel che vi ha dato.” (Sacro Corano, Sura al-An'am, 6:165).

2. Gli esseri umani hanno una capacità intellettuale superiore a quella di ogni altra creatura:

“Insegnò ad Adamo tutti i nomi {tutte le realtà}. Quindi chiese agli angeli: “Ditemi ora i loro nomi”. Dissero: “Non v’E sapere in noi all’infuori di ciò che Tu Stesso ci hai insegnato {non possiamo imparare ciò che tu stesso non ci hai insegnato}”. Egli disse ad Adamo: “O Adamo, informali dei nomi di queste {cose}”; quando {Adamo} li mise al corrente dei nomi di quelle {cose}, Allah disse agli angeli: “Non vi avevo forse detto che Io conosco l’arcano dei cieli e della terra {conosco ciò che sicuramente non conoscete}, ciò che voi manifestate e ciò che tenevate nascosto?” (Sacro Corano, Sura al-Baqara, 2:31-33).

C. La natura degli esseri umani E consapevole, nel profondo della propria coscienza, dell’esistenza di Dio. Cosi, tutti i dubbi riguardanti Dio, cosi come la negazione della Sua esistenza, sorgono a causa della deviazione degli esseri umani dalla loro vera natura.

“Quando i discendenti di Adamo erano ancora nei lombi dei loro padri {e ancora sono e sempre saranno}, Allah li fece testimoniare sulla Sua esistenza ed essi testimoniarono.” (Sacro Corano, Sura al-A'raf, 7:172).

“Mantieni il tuo volto rivolto verso la religione, quella religione che E basata sulla natura originaria dell’uomo, e tutti gli uomini sono stati creati in base ad essa.” (Sacro Corano, Sura ar-Rum, 30:30).

D. Gli esseri umani hanno insito nella propria natura un insieme di elementi divini, celesti, oltre alle componenti materiali che esistono negli animali, nelle piante e negli oggetti inanimati. Essi sono un insieme di fisica e metafisica, materia e spirito, corpo e anima.

“E colui che ha perfezionato ogni cosa creata e dall’argilla ha dato inizio alla creazione dell’uomo, quindi ha tratto la sua discendenza da una goccia d’acqua insignificante, quindi gli ha dato forma e ha insufflato in lui del Suo spirito.” (Sacro Corano, Sura as-Sajdah, 32:7-9).

E. La creazione degli esseri umani E stata pianificata in modo preciso. Non E stata una coincidenza. L’essere umano E, in effetti, una creatura eletta.

“Lo scelse poi il suo Signore, accolse il suo pentimento e lo guidò.” (Sacro Corano, Sura Ta-Ha, 20:122).

F. Gli esseri umani sono liberi e indipendenti, e custodi di ciò che Dio ha dato loro. Sono investiti di una missione e sono colmati di responsabilità: si richiede loro di prosperare sulla terra attraverso la propria iniziativa e il proprio lavoro, e di scegliere liberamente tra la beatitudine e la dannazione.

“In verità proponemmo ai cieli, alla terra e alle montagne la responsabilità della fede ma rifiutarono e ne ebbero paura, mentre l’uomo se ne fece carico e lo accettò. In verità egli E oppressore e ignorante.” (Sacro Corano, Sura al-Ahzab, 33:72).

“Invero creammo l’uomo, per metterlo alla prova, da una goccia di sperma eterogenea e abbiamo fatto si che sentisse e vedesse e gli abbiamo indicato la Retta Via, sia esso riconoscente o ingrato.” (Sacro Corano, Sura al-Insan, 76: 2-3).

(O l’essere umano si muove sul Retto Sentiero, il Sirat al-Mustaqim, e raggiunge la beatitudine, oppure si rivolta ingrato e devia da esso).

G. Gli esseri umani sono dotati di innata grandezza e dignità, in quanto Dio li ha creati superiori alle altre creature. Essi riconoscono la loro vera essenza solo se avvertono questa nobiltà e dignità e si considerano superiori nei confronti della piccolezza delle cose materiali, servili e sensuali.

“In verità abbiamo onorato i figli di Adamo, li abbiamo condotti sulla terra e sul mare e abbiamo concesso loro cibo eccellente e li abbiamo fatti primeggiare su molte delle Nostre creature.” (Sacro Corano, Sura al-Isra', 17:70).

H. Gli esseri umani possiedono una coscienza morale; essi sono in grado di discernere istintivamente il bene dal male.

“Per l'anima e Colui che l'ha formata armoniosamente, ispirandole devozione ed empietà.” (Sacro Corano, Sura ash-Shams, 91: 7-8).

I. Il cuore degli esseri umani E acquietato soltanto dal ricordo di Dio. I loro desideri sono illimitati, e generalmente essi si stancano di ciò che ottengono, ad eccezione di quando raggiungono l’unione con l’Essenza Divina Illimitata.

“…In verità i cuori si rasserenano solo al Ricordo di Allah”. (Sacro Corano, Sura ar-Ra'd, 13:28).

“O uomo che aneli al tuo Signore, tu Lo incontrerai”. (Sacro Corano, Sura al-Inshiqaq, 84:6).

L. Tutte le benedizioni terrene sono state create per gli esseri umani.

“Egli ha creato per voi tutto quello che c’E sulla terra..”. (Sacro Corano, Sura al-Baqara, 2:29).

“E vi ha sottomesso tutto quello che E nei cieli e sulla terra {quindi l’essere umano ha il diritto di farne uso}”. (Sacro Corano, Sura al-Jathiyah, 45:13).

M. Dio ha creato gli esseri umani affinché adorino Lui soltanto e Gli siano obbedienti, quindi il loro dovere E ubbidire al Comando Divino.

“E solo perché Mi adorassero che ho creato i jinn1 e gli uomini”. (Sacro Corano, Sura adh-Dhariyat, 51:56).

N. Gli esseri umani ritrovano se stessi e la propria natura profonda soltanto nell’atto di adorazione di Dio e nel Suo ricordo (Dhikr). Se dimenticano il proprio Signore, E come se dimenticassero se stessi; in tal caso, non saprebbero chi sono, quale E l’obiettivo della loro esistenza, cosa dovrebbero fare e in quale direzione dovrebbero andare.

“Non siate come coloro che dimenticano Allah e cui Allah fece dimenticare se stessi…”. (Sacro Corano, Sura al-Hashr, 59:19).

O. Alcune delle realtà che in questo mondo sono nascoste si sveleranno agli esseri umani non appena il loro corpo perirà e il velo posto sulla loro anima sarà rimosso.

“…Ma ora abbiamo sollevato il tuo velo e quindi oggi la tua vista E acuta”. (Sacro Corano, Sura Qaf, 50:22).

P. Gli esseri umani non sono guidati soltanto da motivazioni materiali, che non rappresentano i loro unici stimoli: essi fanno invece degli sforzi verso obiettivi e aspirazioni ben più alti del mero soddisfacimento delle proprie esigenze materiali. In alcuni casi, essi non ricercano altro obiettivo che il compiacimento di Dio.

“O anima ormai acquietata, ritorna al tuo Signore soddisfatta e accetta”. (Sacro Corano, Sura al-Fajr, 89:27-28).

“Ai credenti e alle credenti, Allah ha promesso i Giardini in cui scorrono i ruscelli, dove rimarranno in perpetuo, e splendide dimore nei giardini dell'Eden; ma il compiacimento di Allah vale ancora di più: questa E l'immensa beatitudine!” (Sacro Corano, Sura at-Tawbah, 9:72).

Di conseguenza, il Sacro Corano dipinge la figura dell’essere umano come creatura eletta da Dio, Suo vicario (Khalifah) sulla terra, sia materiale che spirituale, conscio, in maniera innata, dell’esistenza di Dio. L’essere umano E libero, indipendente, custode di ciò che Iddio gli ha affidato, ed E responsabile di se stesso e del mondo, in quanto possiede il dominio sulla natura, sul cielo e sulla terra. Egli, inoltre, ha contemporaneamente inclinazione sia verso il bene che verso il male. La sua esistenza comincia con la debolezza e l’inabilità e si muove in direzione della forza e della perfezione, ma non raggiunge uno stato di tranquillità se non in prossimità di Dio e attraverso il Suo ricordo.

Le capacità dell’essere umano non hanno limiti nell’apprendere e nell’applicare la propria conoscenza. Egli sperimenta un’istintiva grandezza e dignità. Le sue motivazioni e i suoi stimoli sono, nella maggior parte dei casi, non materialistici. L’essere umano, infine, ha il diritto di usufruire lecitamente delle benedizioni che gli sono state concesse ma, allo stesso tempo, egli deve farsi carico dei propri doveri verso Dio.
2. Aspetti negativi dell’essere umano
Parallelamente, il Sacro Corano biasima ampiamente l’essere umano:

“In verità egli E ingiusto e ignorante.” (Sacro Corano, Sura al-Ahzab, 33:72).

“Invero l’uomo E ingrato.” (Sacro Corano, Sura al-Hajj, 22:66).

“Invece no! Invero l’uomo si ribella, appena ritiene di bastare a se stesso.” (Sacro Corano, Sura al-'Alaq, 96:7).

“…In verità l’uomo E frettoloso.” (Sacro Corano, Sura al-Isra', 17:11).

“Quando la disgrazia lo tocca, l’uomo Ci invoca, coricato su un fianco, seduto o in piedi. Quando poi lo liberiamo dalla sua disgrazia, si comporta come se non Ci avesse mai invocato a proposito della disgrazia che lo ha colto…” (Sacro Corano, Sura Yunus, 10:12).

“…L’uomo E avaro.” (Sacro Corano, Sura al-Isra', 17:100).

“…Ciononostante l’uomo E la più polemica delle creature.” (Sacro Corano, Sura al-Kahf, 18:54).

“In verità l’uomo E stato creato instabile; si lamenta quando lo coglie sventura, E arrogante nel benessere.” (Sacro Corano, Sura al-Ma'arij, 70:19-21).
3. Buono e cattivo?
Come sono descritti gli esseri umani nel Sacro Corano? Sono buoni o cattivi? Sono particolarmente buoni e cattivi allo stesso tempo? Sono descritti come delle creature dalla doppia natura, per metà luminosa e per metà tenebrosa? Come E possibile che il Sacro Libro da una parte li innalzi con innumerevoli lodi, e allo stesso tempo li denigri con dure critiche?

Queste lodi e queste critiche non sono dovute al fatto che gli esseri umani sono creature dalla doppia natura, per metà da lodare e per metà da biasimare: nella logica del Sacro Corano gli esseri umani possiedono tutte le potenziali perfezioni, ed essi dovrebbero impegnarsi a portare queste inclinazioni innate a livello di azione. Sono essi, quindi, che devono sviluppare loro stessi.

La condizione primaria per il conseguimento di tale perfezione umana E la fede (Iman): essa E il primo passo verso il timor di Dio (Taqwa), verso le rette azioni e verso gli sforzi sulla via di Dio (Jihad). E attraverso la fede che la conoscenza E trasformata in un elemento atto a illuminare l’essere umano, e non in un dannoso strumento asservito alle passioni.

E evidente, quindi, che la vera essenza dell’essere umano, che E il vicario di Dio sulla terra, che viene glorificato dagli angeli, per il quale esiste ogni cosa e che possiede tutte le perfezioni, E la fede. L’essere umano senza fede E un essere imperfetto: si dimostra avido, brutale e avaro; inoltre E miscredente e, di conseguenza, più spregevole delle bestie da soma.

Versetti specifici del Sacro Corano distinguono chiaramente tra l’essere umano lodato e quello biasimato: in essi si comprende che la persona senza fede (vale a dire chi non crede nell’esistenza di Dio) non E realmente un essere umano. Essi fanno inoltre comprendere che, se l’essere umano si congiungesse all’Essere il Cui ricordo apporta tranquillità, cioE Dio, egli otterrebbe tutte le perfezioni. Al contrario, se fosse incurante di Dio, egli somiglierebbe a un albero separato dalla sua radice.

Due semplici versetti del Sacro Corano illustrano questa realtà:

“Per il Tempo! Invero l’uomo E in perdita, eccetto coloro che credono e compiono il bene, vicendevolmente si raccomandano la verità e vicendevolmente si raccomandano la pazienza.” (Sacro Corano, Sura al-'Asr, 103: 1-3).

“In verità creammo molti jinn e molti uomini per l’Inferno: hanno cuori che non comprendono, occhi che non vedono e orecchie che non sentono, sono come bestiame, anzi ancora peggio.” (Sacro Corano, Sura al-A'raf, 7:179).
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1. Creature create da un fuoco senza fumo (rif. Sacro Corano, 55:15) generalmente non percepibili dagli esseri umani. Sono esseri intelligenti e dotati di libero arbitrio, e possono decidere di seguire la Retta Via, ed essere quindi buoni, oppure di traviarsi proprio come gli esseri umani. (N.d.T.)
Da quanto affermato in precedenza, possiamo dedurre che l’essere umano ha molti aspetti in comune con gli animali, ma, allo stesso tempo, E profondamente diverso da essi. Egli E un essere materiale e, contemporaneamente, spirituale; ha differenze basilari e profonde rispetto alle altre creature, ognuna delle quali offre una specifica dimensione dell’essere umano, una diversa parte del suo essere. Tali distinzioni si trovano in tre differenti campi:

• La comprensione di sé e del mondo;

• I desideri che governano gli esseri umani;

• Il grado di influenza di tali desideri sull’essere umano e la capacità di discernere.

Per quanto riguarda la comprensione del mondo, i sensi corporei servono all’animale come mezzi di consapevolezza di esso; gli esseri umani condividono questa caratteristica con altre creature, sebbene, in taluni casi, alcuni animali si rivelino superiori. I sensi, però, offrono agli esseri umani e agli animali solo una comprensione superficiale del mondo, che non riesce ad andare in profondità nella conoscenza della natura e a cogliere l’essenza delle cose o la relazione logica fra esse.

Negli esseri umani vi E, però, un altro elemento che li guida nella conoscenza di se stessi e del mondo, e di cui gli altri animali sono privi: questa “potenza” misteriosa E chiamata “pensiero”. Attraverso il pensiero, gli esseri umani scoprono le leggi fondamentali del mondo e ne ottengono una visione generale. Attraverso queste leggi fondamentali essi possono porre la natura al proprio servizio, ma sempre in accordo ai Comandamenti Divini.

Come già puntualizzato in precedenza, questa potenzialità appartiene soltanto all’essere umano e il meccanismo che sottende alla comprensione razionale E uno dei più complessi meccanismi della nostra esistenza; se viene sviluppato correttamente, aiuterà gli esseri umani a conoscere se stessi cosi come molti altri aspetti dell’universo che non possono essere conosciuti direttamente attraverso i sensi. In particolare, una conoscenza filosofica di Dio può essere ottenuta attraverso questa dote “misteriosa” degli esseri umani.

Per quanto concerne gli istinti, gli esseri umani si trovano sotto l’influenza delle forze naturali, al pari delle altre creature. L’istinto di mangiare, di riposare, di dormire, di avere rapporti sessuali, li attrae verso il mondo materiale. Ma ci sono altre tendenze che conducono l’essere umano nella direzione di aspettative immateriali, prive di peso e di sostanza, e non paragonabili ai bisogni materiali.

Segue ora una breve analisi delle basi conosciute e accettate di queste inclinazioni spirituali.
1. Conoscenza e sapienza
Gli esseri umani non cercano di acquisire conoscenza al solo fine di dominare la natura e di prosperare nella loro vita materiale; essi posseggono piuttosto un istinto per la ricerca e la scoperta della verità e, sebbene la conoscenza possa servire come mezzo per migliorare la vita, E un’ideale che può essere desiderato in se stesso e una meta gratificante: se per esempio gli esseri umani sapessero che ci sono dei segreti celati nelle galassie, vorrebbero in ogni caso scoprirli anche se comprenderli non cambierebbe le loro vite.1

Gli esseri umani per natura sfuggono all’ignoranza e tendono alla conoscenza; quest’ultima costituisce perciò una delle dimensioni spirituali dell’esistenza degli esseri umani.
2. Virtù etiche
Gli esseri umani compiono alcune delle loro azioni influenzati da una serie di motivazioni etiche più che dall’intento di ottenere un beneficio o evitare un danno. Essi compiono tali azioni spinti dall’idea che la natura umana le richieda.

Supponiamo che un uomo resti bloccato in un orribile deserto. Egli E privo di cibo ed E in pericolo di vita. All’improvviso appare un’altra persona, lo aiuta e lo salva da una morte certa; successivamente ognuno di loro se ne va per la propria strada, ed essi non si vedono per un lungo periodo.

Molti anni dopo l’uomo incontra il suo salvatore, nel frattempo caduto in disgrazia, e ricorda quando fu salvato da morte certa. In questo caso, la sua coscienza non gli impone di fare qualcosa? Non ricorda il detto: “Alla bontà si deve rispondere con la bontà”? Non pensa che “uno dovrebbe essere riconoscente al suo benefattore”? La risposta a queste domande E senz’altro affermativa.

Quale sarebbe il giudizio di gente coscienziosa se egli aiutasse l’uomo miserabile? E quale sarebbe il medesimo nel caso in cui egli passasse senza neanche degnarlo di uno sguardo e senza nessuna reazione?

Nel primo caso sicuramente la risposta sarebbe l’ammirazione degli altri uomini; mentre nel secondo caso questi maledirebbero certamente l’uomo ingrato.

Quindi, la voce della coscienza:

“Quale altro compenso del bene se non il bene?” (Sacro Corano, Sura ar-Rahman, 55:60).

Il fatto che le coscienze degli altri ritengano che la riconoscenza dovrebbe essere ammirata e l’ingratitudine maledetta, E promossa dalla coscienza morale ed E chiamata virtù etica, e quest’ultima E lo stimolo per molte delle azioni degli esseri umani.

In altre parole, gli esseri umani compiono molte delle loro azioni in virtù di valori etici, e non nella speranza di ricompense materiali. Questo E un altro attributo specifico degli esseri umani, di natura spirituale, ed E una delle sue dimensioni spirituali di cui sono prive le altre creature. La virtù e i valori etici non hanno alcun significato per gli animali.
3. Senso estetico
Un’altra dimensione spirituale degli esseri umani E il loro interesse per la bellezza. Questa, in effetti, costituisce una parte importante dell’esistenza umana e riguarda tutti gli aspetti della loro vita. Essi indossano differenti tipi di vestiti contro il clima freddo e quello caldo e, allo stesso tempo, pongono particolare attenzione al colore e alla foggia di ogni abito.

Essi costruiscono abitazioni, attribuendo notevole importanza alle caratteristiche estetiche; anche nello scegliere una tovaglia e i piatti per servire il cibo, e nella stessa preparazione del cibo e della tavola seguono dei principi estetici. Agli esseri umani piace avere un viso attraente, un nome che suoni bene, abiti belli da indossare, e una scrittura gradevole. Essi si aspettano che le loro città e le loro strade siano belle, e preferirebbero vedere magnifici paesaggi. In generale, essi sono interessati a estendere un alone di bellezza a tutti gli aspetti della loro vita.

L’estetica, invece, non E particolarmente rilevante per gli animali. Per essi, la bruttezza della mangiatoia non riveste nessun significato; E importante piuttosto ciò che essa contiene.

A un animale, una bella sella, una vista gradevole, una costruzione ben progettata e cose simili non importano assolutamente.
4. Adorazione e santificazione
Il bisogno di adorare il Divino e pregare E una delle più costanti e antiche manifestazioni dell’anima dell’essere umano, e una delle componenti principali della sua vita.

Uno studio dei resti delle varie civiltà umane rivela che l’adorazione e la preghiera sono sempre state presenti ovunque vi fosse l’essere umano. La forma di adorazione e il tipo di divinità sono stati in ogni modo mutevoli, dalle danze ritmiche collettive con differenti invocazioni e formule ai più sublimi ossequi, alle riverenze, fino alle preghiere più complesse. La divinità poteva essere rappresentata da una pietra, da un legno, fino alla pura contemplazione metafisica, all’Eterno Auto-Esistente che E oltre il tempo e lo spazio.

Non furono i Profeti (A)2 a introdurre l’adorazione; essi insegnarono semplicemente alla gente i tipi di rituale per l’adorazione e li allontanarono dalla venerazione di altro all’infuori del Dio Unico (politeismo). Secondo alcuni precetti religiosi ritenuti certi, e secondo il punto di vista di alcuni studiosi di religione come Max Müller,3 gli esseri umani erano inizialmente monoteisti e veneravano il Dio Unico; l’idolatria, la venerazione delle stelle, della luna o di un altro essere umano sono tarde deviazioni.

Gli esseri umani, infatti, non iniziarono con l’adorazione degli idoli, degli uomini o di altre creature per poi approdare gradualmente, con l’evoluzione della civiltà, al monoteismo.

Il senso dell’adorazione, che si può definire come “sentimento religioso”, esiste in tutti gli esseri umani.

Questa opinione E sostenuta da Erich Fromm4, il quale afferma: “L’uomo potrebbe venerare gli esseri viventi, le piante, gli idoli d’oro, le pietre, il Dio invisibile, un uomo divino o un carattere demoniaco. Egli potrebbe venerare anche i suoi antenati, la sua patria, la sua classe sociale o il partito a cui egli appartiene e i soldi o il successo… Egli potrebbe coscientemente distinguere tra la sua religione e le credenze irreligiose. Egli potrebbe, al contrario, pensare di essere senza fede. Non E un problema se egli crede in una religione o meno. Il problema E a quale religione egli crede”.5

Iqbal6 riprende la seguente opinione di William James7: “L’impulso di pregare E una conseguenza necessaria del fatto che anche se la parte più forte dei sé empirici di un uomo E un sé di genere sociale, egli può trovare il suo unico compagno perfetto solo nel mondo della riflessione (auto-riflessione) […] Molti uomini, occasionalmente o ripetutamente, fanno riferimento a esso nei loro animi. Il più umile su questa terra può sentirsi vero e valido grazie a questa più alta sensazione”.8

James, generalizzando un sentimento comune a tutti gli esseri umani, dice: “E probabile che gli uomini differiscano di molto nel grado in cui essi sono influenzati da questo spettatore interno. Esso E una parte essenziale della coscienza di alcuni uomini rispetto ad altri: quelli che hanno più coscienza sono probabilmente gli uomini più religiosi. Ma sono sicuro che anche quelli che affermano di esserne privi ingannano se stessi, e in realtà sono in qualche modo religiosi”.9

L’attribuzione di caratteristiche eccezionali ad eroi, a sapienti o religiosi, indica il desiderio dell’essere umano di santificare e lodare certi esseri, che deriva dalla sua innata predisposizione a voler venerare un’entità a lui superiore. Ciò può essere altresi riscontrato nelle lodi esagerate rivolte al giorno d’oggi a capi nazionali o di partito, a principi e dottrine, bandiere e patrie, come pure nell’entusiasmo con cui la gente si dedica a tutte queste cose.

Il sentimento di adorazione E, in effetti, un sentimento intrinseco diretto verso una totale perfezione che vada oltre i difetti, le carenze e le imperfezioni. La venerazione di qualche creatura E, quindi, una deviazione dal sentimento originale.

Gli esseri umani in stato di adorazione desiderano volare dal loro limitato sé verso l’unione con una realtà senza mancanze, limitazioni o morte.

Come disse Albert Einstein10: “L’individuo E cosciente della vanità delle aspirazioni e degli obiettivi umani e, per contro, riconosce l’impronta sublime e l’ordine ammirabile che si manifestano tanto nella natura quanto nel mondo del pensiero.”11 Ciò E esposto ulteriormente da Iqbal, che scrive: “…L’adorazione E una comune azione vitale attraverso cui la piccola isola del nostro carattere scopre la sua posizione dentro un “tutto” più grande.”12

La preghiera e l’adorazione manifestano l’esistenza di una “possibilità” e di un “desiderio” nell’essere umano: la possibilità di avanzare verso un luogo oltre gli eventi materiali e il desiderio di approdare a un più alto ed esteso orizzonte. Un simile desiderio E caratteristico di tutti gli esseri umani; questo E il motivo per il quale la preghiera e l’adorazione formano un’altra dimensione spirituale nelle loro anime.

Il differente grado di influenza di tali desideri sull’essere umano e la capacità di discernere tra essi verrà discusso successivamente.
5. Le molteplici capacità dell’essere umano
La potenza e la forza non hanno bisogno di nessuna spiegazione: qualsiasi fattore avente come risultato un effetto di qualche tipo viene definito potenza o forza. Tutte le creature possono essere considerate fonti di una o più forze o proprietà. Ogni creatura possiede quindi potenza o forza, a prescindere dal fatto che sia un oggetto inanimato, una pianta, un animale o un essere umano. La potenza unita all’intelligenza e alla comprensione può esser definita “potenzialità” o “capacità”.

Un’altra distinzione tra animali, esseri umani inclusi, e piante o oggetti inanimati, E che i primi, a differenza di questi ultimi, impiegano alcune delle loro capacità sotto l’influenza di desideri o paure, seguendo cioE la propria volontà.

Un magnete, per esempio, ha il potere di attrarre il ferro a sé, in una sorta di determinazione naturale. Non E conscio della propria azione, né un qualche desiderio o paura lo hanno spinto ad attrarre il ferro a sé. Questo vale anche per il fuoco quando brucia, per le piante quando crescono e per gli alberi quando fioriscono e danno i frutti. Un animale che cammina E diverso: E conscio del fatto che sta camminando e compie quest’azione volontariamente; se non vuole, non E possibile costringerlo a farlo. Questo E il motivo per il quale si dice “un animale E un essere che si muove di volontà propria”. In altre parole, alcune delle capacità sono controllate dalla determinazione e dalla volontà degli esseri animali.

Gli esseri umani in questo non fanno eccezione, ma c’E una distinzione considerevole tra la loro determinazione e quella degli animali. In fondo, la volontà dell’animale segue i suoi istinti ed E impotente di fronte ad essi; quando un animale E stimolato a compiere una certa azione, la compie d’istinto. Esso non ha alcuna possibilità di opporsi ai suoi stimoli e di determinare o pensare riguardo a una preferenza nei desideri o nei comandi che non sono direttamente legati a essi e che sono necessari solo in futuro.

Gli esseri umani, al contrario, sono capaci di resistere e di opporsi ai loro desideri e di non metterli in pratica. Questa loro capacità E dovuta al potere della loro

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