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Alluhuf, Le vicende di Karbala

Alluhuf, Le vicende di Karbala Author : Sayyd Ibn Tawus

 
Il presente libro è la narrazione della tragica vicenda di Karbalà ed è la traduzione, dalla versione persiana, dell’opera “Alluhúf Alà Qatla-t-tufúf” del grande sapiente shi°ita Sayyid Ibn Tawus.

E composto di tre fondamentali parti, che abbiamo denominato:

• “Gli avvenimenti che precedettero la battaglia di Karbalà”

• “Le vicende inerenti alla battaglia e l’eroismo dei martiri”

• “Le vicende verificatesi dopo il martirio dell’Imam Husseyn (as)”

Nella prima parte l’Autore, citando diverse tradizioni, dimostra come l’Imam Husseyn (as) sapeva già, prima della tragedia di Karbalà, del suo triste martirio. Sayyid Ibn Tawus narra poi le vicende inerenti al martirio di Muslim, l’inviato dell’Imam Husseyn (as) alla gente di Kufa, e del tradimento della gente di questa città. Egli parla infine della partenza di Husseyn (as) dalla Mecca e del suo arrivo nella piana di Karbalà, luogo del suo martirio.

La seconda parte inizia con il primo sermone pronunciato da Husseyn (as) a Karbalà e con la descrizione delle vicende inerenti all’ultima notte della nobile vita di questo puro imam. Ibn Tawus continua la sua narrazione descrivendo il commuovente e significativo pentimento di Hurr Ibn Yazid, che abbandonò le schiere dell’esercito d’Umar Ibn Sa´d (che era stato incaricato da Ibn Ziad, governatore di Kufa, di uccidere Husseyn (as)) per venire a sacrificare la sua vita per Husseyn (as).

La seconda parte prosegue con la descrizione del martirio dei compagni e degli uomini della famiglia dell’Imam e si chiude con la narrazione dei particolari inerenti al suo tragico martirio.

La terza parte del libro riguarda le disgrazie che colpirono i sopravvissuti della famiglia dell’Imam Husseyn (as) dopo il suo martirio. Sayyid Ibn Tawus narra che essi furono fatti prigionieri e trasportati, in modo umiliante, insieme alle teste dei martiri, prima a Kufa, dal perfido Ibn Ziad, e poi a Damasco, dal crudele Yazid. Particolarmente espressivi e istruttivi sono i sermoni che il quarto Imam (as), figlio dell’Imam Husseyn (as), e Zainab, sorella di questo nobile Imam, pronunciarono a Kufa, contro Ibn Ziad e a Damasco, contro Yazid.

Furono infatti questi sermoni, nei quali vennero illustrate le virtú dell’Imam Husseyn (as) e dell’Ahl ul-Bait e fu descritta la tragedia di Karbalà, che fecero comprendere alla gente la malvagità della dinastia ommaide, che dimostrarono l’innocenza e l’alto grado spirituale dell’Imam Husseyn (as) e resero il suo esempio immortale e universale. Sayyid Ibn Tawus finisce il libro narrando la storia del triste e malinconico ritorno della famiglia di Husseyn (as) a Medina.

Con la presente traduzione, la Fondazione “Imam °AlI” si propone di far conoscere al pubblico italiano la storia del martirio dell’Imam Husseyn (as), che costituisce indubbiamente il miglior modello di lotta contro la tirannia e l’iniquità, che insegna a non piegarsi di fronte ai tiranni e agli oppressori e a sacrificare tutto quello che si ha per difendere e restaurare la verità. La lettura di questo libro può sicuramente aiutare a comprendere quanto sia importante la religione islamica e quali sacrifici sia necessario compiere per preservarla e mantenerla come Dio l’ha inviata all’umanità.

Spero che la traduzione di quest’opera possa servire a chi ama approfondire le proprie conoscenze riguardo all’Imam Husseyn (as) e alla tragedia di Karbalà e dedico questo mio umile sforzo agli Shi°iti italiani, che ogni anno, con pura intenzione, celebrano l’anniversario del tragico martirio di questo purissimo Imam. Che Iddio li ricompensi per questo loro nobile gesto riunendoli nel Giorno del Giudizio con il nobile Profeta Muhammad (S), i purissimi membri della sua famiglia e i santi martiri di Karbalà.

Mostafà Bakhshkon

Santa città di Qum, 3 febbraio 2000
In nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso

La lode appartiene solo a Dio, che dall’alto degli intelletti e dei pensieri si mostra chiaramente ai Suoi Servi, che attraverso la Tradizione e il Libro svela i Suoi intenti, che ha purificato i Suoi amici dalla superbia e li ha elevati alle luci della gioia.

Egli non ha fatto tutto ciò come concessione gratuita alle Sue creature e nemmeno per indurli a seguire i migliori sentieri, lo ha bensI fatto perché li ha riconosciuti degni di ricevere la Sua grazia e meritevoli di acquisire le migliori qualità.

Non ha voluto che essi cadessero nelle trame della negligenza e della pigrizia, dipendessero {dalle Sue creature}, ha bensI dato loro la possibilità di avere il migliore e piú perfetto comportamento, ha liberato le loro anime da tutto ciò di diverso da Lui e ha fatto conoscere ai loro spiriti l’onore d’essere compiaciuti di Lui.

Ha portato i loro cuori all’ombra della Sua misericordia e ha inclinato le loro aspirazioni verso la Sua grazia e il Suo favore; è per questo motivo che in loro vedi la letizia di chi attesta l’esistenza dell’eterna dimora, il volto di chi si distoglie dai pericoli del Suo incontro.

Il loro desiderio di avvicinarsi alla Sua soglia cresce senza posa, la loro quiete risiede nell’eseguire i Suoi ordini e astenersi da ciò che Egli ha proibito; le loro orecchie sono inclini ad ascoltare i Suoi segreti e i loro cuori si giovano della dolcezza del Suo ricordo.

Dio ha loro donato vita nella misura di questa attestazione, ha concesso loro la grazia del Benevolo Sollecito. Quanto piccolo e insignificante è ai loro occhi tutto ciò che distoglie dalla {contemplazione della} Sua magnificenza. Quanto facile è per loro abbandonare tutto ciò che allontana dall’onore di congiungersi a Lui.

Essi si giovano costantemente di questa grazia, di questo favore. Le bellezze del Timore e della Magnificenza circondano continuamente i loro cuori; quando capiscono che vivere impedisce loro di continuare il sentiero che porta al raggiungimento dei loro divini propositi e di onorarlo, si tolgono le vesti della vita, bussano alle porte dell’incontro con l’Amato e, donando le proprie anime e i propri spiriti a Lui, esponendo i propri corpi al pericolo delle spade e delle lance, raggiungono la beatitudine.

Le anime dei martiri di Karbalà hanno ottenuto questo grande onore, hanno avuto questo magnifico incontro, sono arrivati persino a competere tra loro nell’accogliere la morte ed esporre le proprie preziose vite alla pioggia di frecce, ai colpi di lancia e di spada del nemico. Quanto degni sono d’essere descritti da As-sayyid Al-murtazà Al´amu-l-hudà (possa Iddio compiacersi di lui). Egli dice: “Essi sono quelli che si sono gettati in una rovente terra e sono andati da Dio. Per essi invero chi si propone di nuocere loro è utile e proficuo e i loro assassini sono, in realtà, donatori di vera vita”.

Se non era un dovere ubbidire ai comandamenti della Tradizione e del Libro, che prescrivono di indossare il simbolico abito nero per manifestare il lutto per l’uccisione delle guide sul retto sentiero per mano dei signori del male (noi ci vestiamo con abiti neri poiché abbiamo perso l’occasione di morire sulla via di Dio e la gioia, l’ardente desiderio del martirio) sarebbe stato opportuno mettere vestiti di gioia ed essere felici per il grande dono del martirio.

Tuttavia, siccome nel mettere abiti neri {per il martirio di questi nobili uomini} v’è il compiacimento di Dio e dei Suoi probi e retti servi, noi allora li indossiamo. Ci abituiamo altresI a piangere per questa disgrazia e diciamo ai nostri occhi di farci la carità versando lacrime, di lamentarsi come fa chi esegue un triste canto funebre.

Perché?! Poiché nel giorno d’Ashurà è stato considerato lecito versare il sangue di coloro che il Profeta della Misericordia e della Grazia (S) aveva raccomandato alla gente; poiché i nemici hanno ignorato completamente le raccomandazioni che egli fece a proposito della sua progenie.

Mi rifugio in Dio da tutte queste strazianti vicende e dal vedere {nella piana di Karbalà} tutti questi feriti che piangono e si lamentano dal dolore e dalla sofferenza.

Mi rifugio in Dio da tutte queste disgrazie, da queste tragiche vicende che offuscano tutte le altre, da tutti questi catastrofici avvenimenti che hanno tagliato le trame del timor di Dio, dalle frecce che hanno versato il sangue della Missione e dalle mani che hanno condotto i prigionieri della Magnificenza per i vicoli e i bazar.

Mi rifugio in Dio dalla grande disgrazia che ha ferito i probi, dal gioire dei nemici che ha vinto gli eroi. Mi rifugio in Dio da quella disgrazia i cui effetti hanno raggiunto persino {l’arcangelo} Gabriele (as) , da quella straziante catastrofe che pesa al Signore Immenso.

Perché non dovrei farlo, dal momento che l’amato figlio del Profeta (S) è stato abbandonato senza vestiti sulla sabbia del deserto, il suo sangue è stato versato dalle spade dei traviati, i volti delle figlie del Messaggero di Dio sono stati esposti alla vista dei passanti, degli spettatori, dei nemici. I loro beni sono stati depredati, sono stati offerti alla vista dei maldicenti e degli indifferenti, i nobili corpi dei compagni dell’Imam Husseyn (as) sono caduti senza vestiti sulla sabbia.

Queste disgrazie, queste sofferenze hanno turbato il Profeta (S) , hanno conficcato mortali frecce nel cuore della retta guida. Il fuoco della tristezza e del dispiacere ha bruciato d’immenso cordoglio i cuori di coloro che hanno comunicato la notizia della morte dei martiri di Karbalà. Avessero potuto Fatima (as) e suo padre essere presenti quando alcuni dei loro figli furono lasciati senza vestiti dai nemici, altri feriti, altri decapitati e altri ancora trascinati a terra.

Le figlie della Profezia e della Missione, si sono lacerate i colletti per la perdita dei loro cari, si sono afflitte, turbate, tormentate. In effetti, esse hanno subito una gravissima perdita, hanno pianto e sofferto molto, hanno perso chi le difendeva e le proteggeva.

O gente perspicace, o voi che riflettete e comprendete, raccontate le disgrazie di questa immacolata famiglia e rivolgete a Dio questo lamentoso canto d’unità, di molteplicità e di solitudine. Accorrete senza posa ad aiutarli e sostenerli con le vostre lacrime e dispiacetevi di aver perso l’occasione di combattere accanto a loro, poiché le vite e gli spiriti di questi cari sono stati affidati agli uomini dal loro Signore ed essi sono la gioia del cuore del Messaggero (S) e di sua figlia Az-Zahrà Al-Batul (as). Il Profeta (S) appoggiò le sue benedette labbra sui denti di queste persone. I loro genitori sono i migliori genitori.

Un poeta ha detto: “Se sei in dubbio, chiedi dunque di loro dalle tradizioni del Profeta (S) e dai saldi versetti coranici, poiché in queste due fonti puoi trovare le piú giuste prove sugli uomini che pensano e la dettagliata esposizione delle loro virtú. In queste stesse fonti troviamo che Gabriele (as) raccomanda questi nobili uomini ad Ahmad”.

Io non so com’è possibile che, nonostante il breve periodo trascorso dalla morte del Profeta (S), il bene che egli ha fatto alla gente sia stato ricambiato da tanta ingiustizia.

Come hanno potuto {gli assassini di Husseyn (as) e dei suoi compagni} ottenebrare la gioia e l’allegria del Profeta (S) tormentando il suo amato Husseyn (as), come hanno potuto disprezzare il valore delle sue fatiche versando il sangue dei suoi figli. Avevano veramente accettato le raccomandazioni che il Profeta (S) aveva fatto riguardo alla propria famiglia? Che cosa risponderanno quando lo incontreranno? Essi hanno distrutto tutto ciò che egli aveva costruito e hanno fatto lamentare l’Islam dal dolore.

Possa Iddio soccorrere i cuori che rimangono indifferenti al ricordo di questi tragici avvenimenti. Mi stupisco veramente per l’incoscienza della gente. Non so veramente che scusa avranno i credenti e i Musulmani se sciuperanno questi affanni, queste pene. Non sanno forse che il Profeta (S) Muhammad (S) soffre per questa disgrazia? Non sanno che il suo amato Husseyn (as) giace per terra e gli angeli piangono e gli esprimono le condoglianze per questa somma disgrazia? Perché dunque, o fedeli seguaci della religione del Sigillo dei Profeti, non piangete con lui aiutandolo e sostenendolo?

O voi che amate il nobile padre della cara Az-Zahrà (as), vi scongiuro in nome di Dio di piangere e lamentarvi insieme con lui per il martirio dei figli della sua nobile figlia, dei padroni dell’Islam. In tal modo anche voi potrete ricevere la ricompensa dei compagni e dei sostenitori di Husseyn (as) e conseguire la beatitudine del Giorno del Giudizio.

L’Imam al-Baqer narra che il suo nobile padre, l’Imam as-Sajjad, ha detto: “Ogni credente i cui occhi versino lacrime per il martirio di Husseyn (as), per le torture che egli subI per mano del nemico, avrà da Dio una speciale dimora in Paradiso, nella quale vivrà per lunghi anni. Dio, inoltre, nell’aldilà, allontanerà le torture e i tormenti da ogni credente che sia stato tormentato per la sua fedeltà e il suo amore per l’Ahl ul-Bait, lo salverà dal fuoco dell’Inferno”.

Si narra che l’Imam as-Sadeq (as) disse: “Dio perdonerà i peccati, quand’anche questi siano {grandi} come il letto del mare, di chiunque versi lacrime per le nostre disgrazie, quand’anche queste siano nella misura dell’ala di un moscerino”.

In un’altra tradizione della Famiglia del Messaggero (S) leggiamo: “Chiunque pianga o faccia piangere cento persone per le nostre disgrazie, avrà da noi la garanzia di andare in Paradiso. Chi poi pianga e faccia piangere cinquanta o trenta o venti o anche dieci persone, o persino una sola persona andrà in Paradiso, e lo stesso dicasi per chi si finga piangente”.

Dice °AlI Ibn Musa Ibn Ja’far Ibn Muhammad Ibn Tawus Al-Husseyniyy (l’autore di questo libro): “Dopo aver composto l’opera ‘Misbàhu-z-zà’ir Wa Janàhu-l-musafir’ notai che essa conteneva la maggior parte delle preghiere che si recitano quando si fa visita ai luoghi sacri e una collezione di preghiere da recitare nei diversi momenti del giorno e della sera. Compresi che la persona che avesse portato con sé questo libro non avrebbe piú avuto bisogno degli altri libri scritti per tali occasioni e per tali momenti della giornata.

Il principale motivo per il quale ho scritto la presente opera è che volevo che la persona che l’avesse posseduta, allorché si fosse recato in pellegrinaggio a Karbalà nel giorno d’Ashurà, avesse potuto fare a meno di avere con sé altri libri scritti in materia. Ho quindi composto questa concisa e succinta opera, affinché completi il sopraccitato libro. In esso ho riportato una quantità di nozioni adatta al ristretto tempo che hanno i pellegrini di Karbalà, rinunciando a dilungarmi e a narrare una grande quantità di vicende.

Quanto è stato riportato in questo libro, è infatti sufficiente a soddisfare le necessità delle persone che amano conoscere le vicende di Karbalà, ad aprire le porte della tristezza e del pianto, ad avere una positiva influenza sui credenti. Nella maggior parte delle frasi riportate nel libro sono infatti nascosti sublimi concetti e alti significati. Ho chiamato il libro ‘Alluhúf Alà Gatla-t-tufúf’ {che significa ‘Pianto e dolore per i martiri di Karbalà’}, suddividendolo in tre fondamentali parti:

• le vicende che precedettero la battaglia;

• le vicende inerenti alla battaglia e l’eroismo dei martiri di Karbalà;

• le vicende verificatesi dopo il martirio dell’Imam Husseyn (as).
La Nascita dell’Imam Husseyn (as)
L’Imam Husseyn (as)1 nacque nella quinta notte del mese di sha´ban del quarto anno dell’egira lunare. E bene però sapere che sono state tramandate altre date di nascita, tra le quali il terzo giorno dello stesso mese ed anno lunari citati e la fine del mese di rabi´u-l’awwal del terzo anno.

Alla nascita dell’Imam Husseyn (as) {l’arcangelo} Gabriele (as) , assieme a mille altri angeli, venne a congratularsi con l’Inviato di Dio. Fatima (as) portò il neonato dal Profeta (S)2, il quale s’allietò e lo chiamò Husseyn (as).
 
Il sogno d’Umm ul-Fadhl
Si narra che Umm ul-Fadhl, moglie d’Abbas Ibn Abdu-l-muttalib, disse: «Una notte, quando Husseyn (as) non era ancora nato, vidi in sogno un pezzo della carne del corpo del Profeta (S), staccarsi e cadere sulla mia veste. Chiesi l’interpretazione di questo sogno all’Inviato di Dio; egli mi disse: “Se questo è un sogno veridico, presto Fatima avrà un figlio e io lo affiderò a te per l’allattamento”. Dopo un po’ di tempo Fatima diede alla luce un bambino e toccò a me allattarlo.

Un giorno lo portai dall’Inviato di Dio; egli lo fece sedere sul suo ginocchio e iniziò a baciarlo. In quel momento cadde una goccia d’urina sul vestito del Profeta (S). Io lo allontanai dall’Inviato di Dio e in tal modo lo feci piangere. Il Profeta (S) disse allora: “Piano, Umm ul-Fadhl! La mia veste può essere lavata! Tu hai infastidito mio figlio”.

Io lasciai Husseyn ed uscii dalla stanza per portare dell’acqua. Al ritorno, vedendo l’Inviato di Dio piangere, dissi: “O Inviato d’Allah, perché piangi?”. Il Profeta (S) rispose: “Un attimo fa è venuto Gabriele e mi ha annunciato che il mio popolo ucciderà questo bimbo”.

I narratori di hadith hanno tramandato che quando Husseyn (as) aveva un anno, vennero dal Profeta (S) dodici angeli, i cui visi erano rossi e tra loro diversi; aprirono le ali e dissero: “O Muhammad la stessa ingiustizia fatta da Caino ad Abele, sarà fatta a tuo figlio Husseyn. Gli sarà inoltre data la stessa ricompensa che è stata data ad Abele e la punizione dei suoi uccisori sarà pari a quella di Caino”. A quel punto tutti gli angeli favoriti vennero a confortare il Profeta (S) e ad informarlo di quanto Dio aveva deciso di dare a Husseyn (as) in cambio del suo martirio; gli fecero inoltre vedere la sepoltura di Husseyn (as). In quel momento il Profeta (S) pregava Iddio affinché umiliasse coloro che avrebbero umiliato Husseyn (as), punisse i suoi assassini uccidendoli, facendo in modo che essi non raggiungessero mai i loro malvagi propositi.
Gabriele (as) dà la notizia del martirio di Husseyn (as)
Nel corso di un viaggio - Husseyn (as) allora aveva due anni - Gabriele (as) diede al generoso Profeta (S) la notizia del tragico martirio del suo amato nipote. Lungo la strada, infatti, l’Inviato d’Allah si arrestò e disse: “In verità noi apparteniamo ad Allah e a Lui facciamo ritorno”. Le lacrime gli bagnarono il viso e quando gli fu chiesto il motivo del suo pianto, rispose che Gabriele (as) gli stava parlando di una terra vicina all’Eufrate, chiamata Karbalà. Il nobile Profeta (S) continuò dicendo: “La mia creatura, Husseyn (as), sarà uccisa in quel territorio”. Chiesero poi: “O Inviato d’Allah, chi è il suo assassino?”. Rispose: “Un uomo chiamato Yazid…”

L’Inviato di Dio ritornò triste da quel viaggio. SalI sul pulpito e pronunciò un sermone alla gente; pose la mano destra sulla testa di Hasan, quella sinistra sulla testa di Husseyn (as) e, rivolgendosi al cielo, disse: “O Dio, Muhammad è tuo Servo e Profeta e queste due persone sono i puri della mia famiglia, gli eletti della mia discendenza. Li lascio tra il mio Popolo come miei successori. Gabriele (as) mi ha informato che questa mia creatura sarà uccisa in modo umiliante. O Dio, rendigli fausto il martirio, fai sI che divenga uno dei signori dei martiri e non rendere fausto il suo martirio ai suoi uccisori e a coloro che lo umilieranno”.

Quando l’Inviato di Dio giunse con il suo discorso a questo punto, si elevò il pianto degli astanti. Egli disse: “Piangete per lui e vi astenete dall’aiutarlo?!”. UscI cosI dalla moschea e vi ritornò dopo alcuni istanti, visibilmente addolorato. Recitò piangendo un altro sermone e disse:

“O Gente, io vi affido due preziose e importanti cose, il Corano e la mia famiglia, alle quali io tengo molto; sono la gioia del mio cuore, sono la mia vita. Mai si separeranno tra loro, finché, accanto allo stagno di Kawthar, non verranno a me. Sappiate che io nel Giorno del Giudizio rimarrò in attesa di queste due cose.

Io non vi chiedo nulla riguardo a ciò {che ho fatto per voi} se non quanto il mio Signore mi ha ordinato. Il mio Signore mi ha ordinato di chiedervi di amare i {miei} Parenti. Perciò, guardatevi bene dal non avere odio per la mia famiglia, dal non aver fatto ingiustizia ai suoi membri, quando m’incontrerete nell’Aldilà, accanto allo Stagno. Sappiate che nel Giorno del Giudizio verranno a me tre bandiere, portate da tre gruppi appartenenti al mio popolo.

La prima bandiera è nera; gli angeli si spaventeranno a vederla. I possessori di tale bandiera si fermeranno dinanzi a me e io chiederò loro:

“Chi siete voi che avete dimenticato il mio nome” e loro diranno: “Siamo degli Arabi monoteisti”. Dirò dunque loro: “Io sono Ahmad, Profeta (S) degli Arabi e degli Ajam {i non Arabi}”. Essi diranno allora: “O Muhammad, noi apparteniamo al tuo popolo”. “Dopo di me, come vi siete comportati con la mia famiglia e il libro del mio Signore {il Corano}?” dirò io.

Essi risponderanno: “Abbiamo trascurato il Corano e cercato di annientare la tua famiglia, di farla sparire dalla faccia della terra”. Io Allora volterò loro la faccia ed essi, assetati e con i visi neri, si allontaneranno da me.

Poi verranno a me i seguaci di un’altra bandiera, ancora piú nera della prima; io dirò loro: “Dopo di me, come vi siete comportati con le due importanti cose, la maggiore {il Corano} e la minore {la mia famiglia}, che vi ho affidato?”. Diranno: “Abbiamo contraddetto la maggiore e umiliato e diviso la minore”. Dirò quindi: “Allontanatevi da me” e anche loro si allontaneranno da me assetati e con i visi neri.

Verrà poi da me un’altra bandiera. I visi dei seguaci di questa emaneranno luce. Io chiederò loro: “Chi siete voi” ed essi diranno: “Noi siamo quelli che celebrano l’unicità di Dio, siamo i timorati, apparteniamo al popolo di Muhammad. Noi siamo ciò che rimane dei seguaci della verità.

Portando il libro del nostro Signore {il Corano}, abbiamo considerato proibito ciò che Egli ha proibito e lecito ciò che ha permesso; abbiamo amato la progenie del nostro Profeta Muhammad (S), aiutandola, come aiutammo i nostri parenti. Abbiamo combattuto i loro nemici”. Io dirò loro: “Vi annuncio lieta novella! Io sono il vostro Profeta Muhammad; voi nella vita terrena eravate proprio come avete detto”. Dopo li disseterò {dell’acqua} del mio stagno e cosI si dirigeranno, con visi allegri e raggianti, verso il Paradiso; in esso saranno eterni”
La morte di Muawiah e la lettera di Yazid
La gente in ogni riunione e assemblea parlava dell’uccisione di Husseyn (as); considerava tale questione assai grande e aspettava la realizzazione di quest’avvenimento.

Muawiah perI nel mese di rajab dell’anno 60. {Suo figlio} Yazid {che gli successe} scrisse allora una lettera al governatore di Medina (che all’epoca era Walid Ibn Utbah) ordinandogli di costringere la gente di quella città ad accettarlo come califfo, in particolar modo di costringere Husseyn (as), e, nel caso in cui questi si fosse rifiutato, di decapitarlo e di inviargli la sua testa.

Walid convocò allora Marwan e si consigliò con lui riguardo a tale questione. Marwan gli disse: “Husseyn non si sottometterà mai a Yazid. Se io fossi al tuo posto, se avessi il potere che hai tu, lo ucciderei senza pensarci due volte”

Walid rispose: “Ahimé, avrei preferito non essere mai venuto al mondo”

Dopo questo colloquio, Walid invitò Husseyn (as) a casa sua, il quale si presentò con trenta dei suoi parenti ed amici. Walid gli comunicò la notizia della morte di Muawiah e pretese da lui che accettasse il califfato di Yazid. Husseyn (as) disse: “Questa non è una questione di poco conto, che possa essere conclusa di nascosto. Quando domani inviterai la gente a tale scopo, informa anche noi”.

Marwan disse a Walid: “Non dare ascolto alle parole di Husseyn (as), non accettare la sua scusa; se si rifiuta di prestare giuramento di fedeltà a Yazid non lasciarlo vivo”.

Husseyn (as), arrabbiato, disse: “Guai a te, o figlio d’Az-zargà! Ordini di uccidermi?! Giuro su Dio che hai mentito e, con quanto hai detto, hai umiliato te stesso”.

Rivolgendosi poi a Walid disse: “O governatore‚ noi siamo la Famiglia della Profezia e la Miniera della Missione; le nostre case sono frequentate dagli Angeli e Dio ha iniziato {a concedere} la sua Misericordia alla gente con noi, e con noi finirà.

Yazid è invece depravato, beve vino, uccide ingiustamente la gente e commette peccato pubblicamente: una persona come me non presta giuramento di fedeltà a uno come Yazid. In ogni caso, lasciate che si faccia mattino e anche noi faremo altrettanto; valutate quale di noi è piú degno a diventare califfo e a giurare fedeltà, e altrettanto faremo noi”.

L’Imam Husseyn (as) dopo avere finito il suo discorso lasciò la dimora di Walid; Marwan lo biasimò dicendogli: “Non hai ascoltato il mio consiglio, hai agito contrariamente a quanto ti ho detto”.

Walid rispose: “Guai a te! Mi consigli di distruggere il mio credo, la mia vita?! Giuro su Dio che non ucciderei Husseyn (as) neanche se mi facessero padrone del mondo. Giuro su Dio che non credo che qualcuno uccida Husseyn (as) e possa evitare di incontrare Dio con un’esigua quantità di meriti. Dio non avrà per una tal persona alcun sguardo di misericordia, non lo purificherà dal peccato; egli avrà un duro castigo”

La notte trascorse e Husseyn (as), di primo mattino, uscI di casa per avere nuove notizie. Marwan vedendolo gli disse: “O Aba Abdillah, io voglio il tuo bene; ascolta il mio consiglio e raggiungerai la beatitudine”.

Husseyn (as) rispose: “Qual è il tuo consiglio, dimmi, ti ascolto”. Disse: “Io ti ordino di giurare fedeltà a Yazid, figlio di Muawiah, poiché ciò è a vantaggio della tua vita terrena e ultraterrena”. Husseyn (as) rispose allora: «In verità noi apparteniamo a Dio e a lui facciamo ritorno. Adesso bisogna proprio dare l’addio all’Islam, poiché il popolo del Profeta è incorso nel califfato, nell’impero di Yazid. Sentii mio nonno, l’Inviato di Dio‚ dire: “Il califfato è proibito alla progenie d’Abu Sufian». Dopo un lungo scambio di parole Marwan s’incollerI e se n’andò.
Husseyn (as) sapeva già del proprio martirio
Sayyid Ibn Tawus, l’autore di questo libro, afferma: «Dalle ricerche effettuate risulta che Husseyn (as) sapeva già del proprio martirio e degli altri accadimenti che lo avrebbero in seguito riguardato; in ogni caso, Husseyn (as) ha fatto il suo dovere.

Un gruppo di narratori di hadith (i cui nomi sono stati da me citati nel libro “Ghiathi Sultani-l-warà li Sukkani-th-tharà”), con i loro sanad {documento che prova l’autenticità del hadith}, da Abú Ja’far Muhammad Ibn Bàbawaih Al-qummIyy, mi hanno tramandato, facendo risalire il sanad del hadith a Mufaddal Ibn Umar, che, tra le cose che egli tramanda nel libro ‘Amàli’, dice che l’Imam as-Sadeq (as) tramanda che suo padre disse che suo nonno disse: “ Un giorno Husseyn entrò in casa del fratello Hasan e appena il suo sguardo cadde su di lui iniziò a piangere.

Hasan chiese: ‘Perché piangi?’; egli rispose: ‘Piango per le ingiustizie che subisci’. Rispose allora Hasan: “L’ingiustizia che sarà fatta a me‚ consisterà nell’uccidermi facendomi bere del veleno a tradimento. Sappi però, o Aba Abdillah, che non esiste giorno simile a quello del tuo martirio, poiché trentamila persone, che si crederanno tutti musulmani e appartenenti al popolo di nostro nonno Muhammad, ti circonderanno e si prepareranno a ucciderti, a versare il tuo sangue‚ offenderti, fare prigioniera la tua famiglia‚ saccheggiare i tuoi beni. Sarà allora che Dio maledirà i BanI Umayyah; dal cielo pioverà sangue e cenere, tutte le creature, perfino le belve dei deserti e i pesci dei mari, piangeranno per te”

Alcuni narratori di hadith, di alcuni dei quali abbiamo parlato in precedenza, mi hanno tramandato che Umar Annassàbah, nell’opera ‘Ash-shàfi’, ha tramandato che suo nonno Muhammad Ibn Umar ha detto: «Ho sentito mio padre, Umar Ibn °AlI Ibn Abitàlib, narrare ai miei zii, i figli d’AghIl, che: “Quando mio fratello Husseyn si rifiutò di giurare fedeltà a Yazid, andai da lui e gli dissi: ‘Possa essere io sacrificato per te! Tuo fratello Hasan narrava che suo padre °AlI disse...’. Stava pronunciando queste parole, quando, involontariamente, iniziò a piangere.

Husseyn (as) lo fece sedere accanto a sé e gli disse: ‘Mio fratello ti ha detto forse che sarò ucciso?’. Disse: “Dio non voglia, o figlio dell’Inviato di Dio’. Husseyn (as) disse allora: ‘Ti scongiuro di dirmi se ti ha comunicato questa notizia’. Disse: “SI fratello mio, perché non giuri fedeltà a Yazid rimanendo cosI al sicuro?’.

Husseyn (as) rispose: “Mio padre mi disse che l’Inviato di Dio lo aveva informato del mio e del suo martirio e aveva affermato che la mia tomba sarà vicina alla sua. Pensi forse di sapere cose delle quali io non sono informato? Giuro su Dio che non mi sottometterò mai. Mia madre Fatima incontrerà suo padre, l’Inviato di Dio‚ denunciandogli le ingiustizie compiute dal suo popolo ai danni della sua progenie. Nessuno di coloro che hanno tormentato i suoi figli, andrà in Paradiso’”»

Alcune persone di vedute corte, che non sanno quale grande beatitudine è il martirio, pensano che Dio non ama che qualcuno metta in pericolo la propria vita come ha fatto l’Imam Husseyn (as). Io mi chiedo se queste meschine persone hanno mai letto, nel Corano, che Dio ordina a un gruppo di persone di cercare la morte:

“Pentitevi, ritornate al vostro Signore e cercate la morte, poiché ciò, presso Dio, è meglio per voi”3.

Tali persone potrebbero poi pensare che il versetto: “Non rovinatevi con le vostre stesse mani” riguarda il martirio, l’essere uccisi sul sentiero di Dio. Bisogna però sapere che è sbagliato pensare cosI, poiché il martirio è la maggiore beatitudine per l’essere umano.

L’autore di un maqtal {libro nel quale sono narrate le vicende inerenti al martirio dell’Imam Husseyn (as)} tramandato dall’Imam as-Sadeq (as) , nell’interpretare il versetto tramanda una vicenda conforme alla ragione. Egli narra che un uomo di nome Aslam disse: «Partecipammo alla guerra di Nahawand (o un’altra guerra). I Musulmani ordinarono le proprie schiere e il nemico si dispose di fronte a noi. Non avevo mai visto schiere cosI folte e lunghe. I Bizantini si disposero con le spalle alle mura della propria città e si prepararono a combattere.

In quel momento un uomo lasciò le schiere musulmane e attaccò il nemico. La gente disse: “La ilaha illallàh! Si è rovinato con le sue stesse mani!”. Abú Ayyúb Al-ansariyy disse allora: “Voi sostenete che questo versetto riguarda chi ha attaccato il nemico alla ricerca del martirio, mentre in realtà cosI non è; anzi questo versetto è stato rivelato per {ammonire} noi, che eravamo impegnati ad aiutare l’Inviato di Allah, avevamo abbandonato le nostre famiglie e i nostri beni, senza mai preoccuparci di correggerci, finché non siamo andati in rovina. Dopo abbiamo deciso di non aiutare piú il Profeta (S) per mettere a posto le faccende della nostra vita; fu allora che discese questo versetto:

“Non rovinatevi con le vostre stesse mani”4.

Questo versetto vuole dire che se vi rifiuterete di aiutare l’Inviato di Allah e ve ne starete nelle vostre case, vi sarete rovinati con le vostre stesse mani, attirando verso di voi l’ira divina. Questo versetto vuole dunque ammonire noi che avevamo deciso e annunciato che saremo rimasti a casa. Questo versetto vuole incitarci a combattere contro i nemici dell’Islam; non è stato fatto discendere per ammonire chi attacca il nemico per indurre i propri compagni a fare altrettanto, a cercare il martirio combattendo sul sentiero di Dio”»

Nella prefazione di questo libro abbiamo già ricordato tale questione, che sarà chiarita maggiormente da quanto diremo in seguito.
La partenza di Husseyn (as) da Medina
I narratori di hadith, che hanno tramandato l’incontro di Husseyn (as), Walid Ibn Utbah e Marwan dicono: «La mattina di quello stesso giorno, il 3 sha´ban dell’anno 60, l’Imam Husseyn (as) lasciò Medina dirigendosi verso la Mecca, ove rimase fino al mese di zi-l-ga´dah {compreso} dello stesso anno.

Abdullah Ibn Abbas e Abdullah Ibn Zubair andarono da lui e lo invitarono a stabilirsi alla Mecca. Husseyn (as) rispose: “Ho ricevuto un ordine dall’Inviato di Dio e ho il dovere di eseguirlo”. Dopodiché venne a trovarlo Abdullah Ibn Umar e gli consigliò di non scendere in guerra con Yazid. L’Imam Husseyn (as) gli ricordò il martirio di Yahyà e il crimine commesso, in un solo giorno, ai danni di settanta puri profeti dai figli d’Israele; sottolineò inoltre l’incredibile indifferenza di questi ultimi rispetto a questo tragico avvenimento. Continuò poi dicendo: “Dio però non li ha immediatamente puniti e ha dato loro del tempo; dopodiché si è vendicato duramente di loro. O Abdullah, temi l’ira di Dio e non astenerti dall’aiutarmi”
La gente di Kufa invita l’Imam Husseyn (as)
La gente di Kufa venne a sapere della venuta di Husseyn (as) alla Mecca e del suo rifiuto di giurare fedeltà a Yazid. Venne dunque organizzata una riunione a casa di Sulaimàn Ibn Surad Al-khuza’i, il quale fece una serie raccomandazioni alla gente; alla fine del suo discorso disse: “O Shi°iti, avete sentito tutti che Muawiah è perito, è andato da Dio per rispondere del suo {malvagio} operato, è andato a subire le {infauste} conseguenze delle sue {perfide} azioni.

Gli è succeduto suo figlio Yazid e sapete che Husseyn Ibn °AlI si è opposto a lui e per sfuggire dal male degli iniqui ed empi della dinastia ommaide si è rifugiato alla Mecca {nel Tempio di Allah}. Voi siete i seguaci di suo padre; Husseyn ha oggi bisogno del vostro appoggio. Se siete sicuri che lo aiuterete, che combatterete i suoi nemici, allora, scrivetegli {e comunicategli che siete disposti ad aiutarlo}. Se invece avete paura di essere vinti dalla debolezza, dalla paura, lasciatelo stare e non ingannatelo”.

Dopodiché scrissero la seguente lettera: “In nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso. All’attenzione di Husseyn Ibn °AlI Amiru-l-mu’minin, da parte di Sulaiman Ibn Surad Al-khuza´i, Al-musayyab Ibn Najbah, Rufa´ah Ibn Shaddàd, HabIb Ibn Muzàhir, Abdullah Ibn Wa’il e un gruppo di credenti shi°iti:

la pace di Dio sia su di te. Sia lodato Iddio che ha fatto perire il tuo nemico, il nemico di tuo padre, {Muawiah} il tiranno, il sanguinario, l’usurpatore, l’iniquo, colui che ha ingiustamente assunto il governo di questa gente, colui che si è appropriato illecitamente del fondo pubblico dei Musulmani e, senza che loro fossero d’accordo, si è proclamato loro capo. Colui che ha ucciso i probi di questo popolo, lasciandone in vita i malvagi, colui che ha messo i doni, da Dio concessi a questa gente, a disposizione dei tiranni e degli empi. Lontano sia dalla misericordia divina, come si allontanarono da essa i Thamúd.

Noi attualmente, all’infuori di te, non abbiamo altro imam, altra guida. E assai opportuno che tu venga nella nostra città. V’è speranza che Iddio ci guidi alla verità attraverso te. Nu´man Ibn BashIr, il governatore di Kufa, vive nella daru-l’amàrah {il palazzo del governatore}.

Noi non partecipiamo alle preghiere in congregazione - sia quelle del venerdI sia quelle quotidiane - da lui guidate. Nei giorni di ´eid {le due feste dei Musulmani, ´idu-l-fitr e ´idu-l-gurban} non andiamo insieme a lui al musallà {luogo dove si esegue la preghiera}. Se ci giungerà notizia che tu stai venendo da noi, lo scacceremo da Kufa, mandandolo a Damasco. La pace e la benedizione di Dio sia su di te e su tuo padre, o figlio del Messaggero di Allah. Non v’è forza né potenza che in Allah, l’Eccelso, il Magnifico”

Dopo aver scritto la lettera, la spedirono e attesero due giorni; dopodiché inviarono verso Husseyn (as) un gruppo di persone con circa centocinquanta lettere, ciascuna delle quali firmata da una, due, tre o quattro persone. In quelle lettere lo invitavano a venire da loro.

Husseyn (as) però, nonostante tutte queste lettere, non rispose, finché in un solo giorno ne ricevette ben seicento. Altre poi lettere gli venivano reiteratamente inviate. L’ultima lettera inviata dalla gente di Kufa all’Imam Husseyn (as), scritta da Hani Ibn Hani As-subai´i e Sa´id Ibn Abdillah Al-hanafiyy, è la seguente: “In nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso. All’attenzione di Husseyn Ibn °AlI Amiru-l-mu’minin. La gente ti aspetta e vuole solo te. Affrettati a venire da noi, o figlio dell’Inviato di Allah, poiché i giardini si sono fatti verdi, i frutti sono maturati, le piante sono cresciute e le verdi foglie hanno reso piú belli gli alberi. Vieni da noi, poiché vieni dalla tua pronta ed equipaggiata armata. La pace e la benedizione di Dio sia su di te e su tuo padre”.

Husseyn (as) chiese a Hani Ibn Hani As-subai´i e Sa´id Ibn Abdillah Al-hanafiyy {i due che avevano portato la lettera}: “Ditemi chi ha scritto questa lettera”. Risposero: “O figlio dell’Inviato di Allah, te l’hanno inviata Shibth Ibn Rab´i, Hajjàr Ibn Abjar, Yazid Ibn Al-hàrith, Yazid Ibn Ruwaim, Urwah Ibn Gais, Amr Ibn Al-hajjàj, Muhammad Ibn Umair Ibn Utàrid”.

A questo punto Husseyn (as) si alzò, eseguI, tra il Rukn e il Magàm, due rak´ah di preghiera e chiese a Dio il bene riguardo a ciò. Convocò quindi Ibn AglIl e lo informò dell’accaduto. Scrisse poi la risposta delle lettere e la mandò con Muslim a Kufa. L’Imam Husseyn (as) nella sua lettera aveva promesso di esaudire il desiderio della gente di Kufa. Egli scrisse: “Vi ho mandato mio cugino Muslim affinché venga a conoscenza e m’informi dei vostri propositi”

Muslim prese la lettera e venne a Kufa. La gente di questa città era molto felice dell’arrivo di Muslim e della lettera dell’Imam Husseyn (as). Muslim fu ospitato a casa di Mukhtar Ibn Abi Ubaidah. Gli Shi°iti venivano a trovarlo ed egli leggeva loro la lettera di Husseyn (as); versavano lacrime di gioia e giuravano fedeltà all’Imam Husseyn (as). Diciottomila persone giurarono cosI fedeltà al nobile Imam (as).
Ibn Ziad diventa governatore di Kufa
Abdullah Ibn Muslim Al-bahiliyy, Umarah Ibn Walid e Umar Ibn Sa´d scrissero una lettera a Yazid comunicandogli l’arrivo di Muslim a Kufa. Chiesero inoltre la destituzione di Nu´man Ibn Bashir e la nomina di un nuovo governatore a Kufa. Yazid scrisse allora una lettera ad Abdullah Ibn Ziad, governatore di Bassora, affidandogli il governatorato di Kufa. Informandolo poi delle vicende riguardanti la presenza di Muslim a Kufa, gli ordinò di catturarlo e ucciderlo. Ibn Ziad si preparò allora a partire per Kufa.

Husseyn (as) aveva scritto una lettera a un gruppo d’eminenti di Bassora, come Yazid Ibn Mas´ud An-nahshaliyy, Al-mundhir Ibn Al-jàrud Al´abdiyy, invitandoli ad aiutarlo e ricordando loro che dovevano ubbidire ai suoi ordini.

Inviò la lettera attraverso il suo servitore Sulaiman, soprannominato Abu RazIn. Yazid Ibn Mas´ud riunI la tribú dei BanI Handalah e quella dei BanI Sa´d. Rivolgendosi a loro disse: “O BanI TamIm, che posizione ho tra voi”. Dissero: “In verità, tu hai una posizione assai alta, sei il pilastro della nostra tribú; tuo è il maggiore dei vanti, sei il piú nobile di tutti e hai la precedenza su tutti”. Continuò: “Vi ho invitato per consigliarmi con voi e farmi aiutare da voi”. Dissero: “Non ci asterremo dal consigliarti ciò che è bene e ti faremo conoscere il nostro parere. Parla dunque, ti ascoltiamo”.

Disse: “O BanI TamIm, dovete sapere che Muawiah è morto. Giuro su Dio che era un uomo abietto e senza valore, per la cui morte non bisogna dispiacersi. Sappiate che con la sua morte si è chiusa la porta dell’oppressione e del peccato, si sono indebolite le basi della tirannia. Muawiah s’è fatto giurare fedeltà dalla gente per garantire il governo a suo figlio Yazid e ha creduto di averlo in tal modo reso saldo e stabile. Lungi però dall’essere cosI. Giuro su Dio si è sforzato invano e la sua solerzia s’è trasformata in debolezza, egli s’è consigliato con gli intriganti ed è rimasto umiliato.

Ora è stato sostituito da suo figlio Yazid, che beve vino, è un depravato. Egli pretende di essere il califfo dei Musulmani e, senza che essi siano acconsenzienti, si crede il capo assoluto della nazione islamica, quando invece scarsa è la sua pazienza, insignificante il suo sapere e nulla conosce della verità. Come può quindi farsi carico della guida di un popolo?! Giuro sinceramente su Dio che combattere Yazid per difendere la religione vale piú che combattere i politeisti.

Husseyn Ibn °AlI, figlio della figlia del vostro Profeta, è invece un uomo nobile e saggio. Le sue virtú sono tali da non potere essere descritte e infinita è la sua sapienza. Egli è piú degno a rivestire la carica di califfo, per il suo magnifico passato nell’Islam, per la sua maggiore età, per la sua parentela con l’Inviato d’Allah. Egli è gentile con i piccoli e benefico nei confronti dei grandi; egli è la migliore guida, tramite cui Dio vi ha mostrato completamente la verità e il sentiero della beatitudine. Non perdete dunque la vista dinanzi alla luce della verità e non gettatevi negli abissi del falso.

Nella Guerra di Jamal Sakhr Ibn Qais vi ha disonorato, vi ha umiliato {vi ha impedito di aiutare l’imam °AlI}. Riscattatevi perciò aiutando il figlio dell’Inviato d’Allah. Giuro su Dio che Egli umilierà i figli e diminuirà i parenti di chiunque si asterrà dal sostenerlo. Sappiate che io ho messo il vestito di guerra, ho indossato la corazza; siate sicuri che chiunque non sarà ucciso morirà in ogni caso: la fuga non salva l’uomo. Che Iddio vi benedica. Accettate il mio invito!”

A questo punto iniziarono a parlare i BanI Handalah e dissero: “O Abú Khàlid, noi siamo le frecce del tuo arco, in qualunque direzione ci lancerai non sbaglieremo il segno. Noi siamo i cavalieri, i soldati della tua tribú. Ti faremo vincere le guerre alle quali ci porterai. Giuriamo su Dio che noi siamo pronti a sprofondare con te in ogni terribile gorgo, a sopportare con te qualsiasi difficoltà. Giuriamo su Dio che ti appoggeremo con le nostre spade, ti proteggeremo con i nostri corpi. Fai quel che credi essere piú opportuno”

Iniziarono poi a parlare i BanI Sa´d e dissero: “O Abú Khàlid, la cosa che piú odiamo è contraddirti, andare contro al tuo volere. Sakhr Ibn Gais ci ordinò di non combattere e noi considerammo il suo comando piú degno d’essere ubbidito e fino ad ora non abbiamo combattuto, conservando la nostra dignità. Ora che le cose si sono messe in questo modo ti chiediamo di lasciarci del tempo per consigliarci ed esprimere il nostro giudizio”

A questo punto presero la parola i BanI TamIm: “O Abú Khàlid, noi apparteniamo alla tua tribú e siamo tuoi alleati. La tua ira è la nostra. Rimarremo con te in patria e in viaggio; sei tu che decidi, chiamaci e ti risponderemo, ordinaci e ti ubbidiremo”

Yazid Ibn Mas´ud, rivolgendosi ai BanI Sa´d, disse: “O tribú dei BanI Sa´d, se non appoggerete Husseyn (as), Dio non eliminerà la discordia e la guerra esistente tra voi e vi farete sempre guerra”. Dopodiché scrisse la seguente lettera a Husseyn (as): “In nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso. Ho letto la tua lettera e sono venuto a sapere che mi hai invitato ad aiutarti, affinché, ubbidendoti e aiutandoti, possa trarre vantaggio, possa raggiungere la beatitudine.

Invero Dio non lascia mai la terra senza chi opera il bene e guida gli uomini alla salvezza e alla beatitudine. Voi siete la prova di Dio sulla gente e ciò che Egli ha affidato agli uomini. Voi derivate dal casto albero ahmadiano, la cui radice è il Sigillo dei Profeti e i cui rami siete voi. Ti chiedo, sotto buoni auspici, di venire da noi, poiché io ho preparato per te i BanI TamIm: il desiderio che essi hanno di aiutarti è maggiore di quello che cammelli assetati hanno dell’acqua quando competono tra loro per raggiungerla. Ho preparato per te anche i BanI Sa´d, ho eliminato i rancori che esistevano nei loro cuori, con infuocate parole d’esortazione al bene, simili a una pioggia che viene giú con tuoni e lampi da bianche nuvole primaverili”

Quando Husseyn (as) lesse la lettera esclamò: “Che Iddio ti protegga nel Giorno della Paura, ti renda onorato, ti disseti nel Giorno della Grande Sete”

Yazid Ibn Mas´ud si preparò cosI per andare ad aiutare Husseyn (as). Dopo aver lasciato Bassora venne però a sapere del martirio dell’Imam Husseyn (as). Pianse molto e rimase immensamente colpito.

Egli reagI in questo modo di fronte alla lettera dell’Imam Husseyn (as). Al contrario, quando Al-mundhir Ibn Al-jàrud - la cui figlia Bahriyyah era la moglie di Ibn Ziad - vide la lettera dell’Imam Husseyn (as), per paura che dietro a ciò vi fosse un intrigo tramato da Ibn Ziad, consegnò la lettera e chi l’aveva portata a quest’ultimo, il quale, senza indugio, fece impiccare il messo. Ibn Ziad salI quindi sul pulpito e pronunciò un sermone nel quale metteva in guardia la gente di Bassora dal contraddirlo e ribellarsi. Ibn Ziad quel giorno passò la notte a Bassora; quando si fece mattino mise al proprio posto suo fratello Uthman Ibn Ziad e partI velocemente verso Kufa.

Arrivato nei pressi di Kufa si fermò attendendo il tramonto del sole. Quando entrò in città era buio e la gente di Kufa lo scambiò cosI per l’Imam Husseyn (as). Quando però si avvicinarono, lo riconobbero e si dispersero. Ibn Ziad entrò cosI al palazzo del governatore e vi trascorse la notte. Di prima mattina uscI dal palazzo e pronunciò un sermone, mettendo in guardia la gente dal disubbidire a Yazid e promettendo benefici in cambio dell’ubbidienza a quest’ultimo.
Muslim si rifugia a casa di Hani
Muslim venuto al corrente dell’arrivo d’Ibn Ziad a Kufa si trasferI, per motivi di sicurezza, dalla casa di Mukhtar alla casa di Hani Ibn Urwah. Ibn Ziad incaricò le sue spie di scovare il nascondiglio di Muslim e, quando venne a sapere che si era rifugiato a casa di Hani, convocò Muhammad Ibn Al’ash´ath, Asmà Ibn Khàrijah e Amr Ibn Al-hajjaj e disse loro: “Cosa impedisce a Hani Ibn Urwah di venire da noi?”.

Dissero: “Non lo sappiamo. Dicono che è malato”. Ibn Ziad disse allora: “Ho sentito che è guarito e sta sulla porta di casa sua. Se verrò a sapere che è ancora malato andrò a trovarlo. Andate e ditegli di non calpestare i nostri diritti, di venire a trovarci, poiché io non amo che una persona come lui, appartenente a una nobile famiglia araba, stia lontano da me, perdendo cosI i suoi diritti”. Quegli uomini andarono di prima sera a casa di Hani e gli dissero: “Perché non vieni a far visita al Duce? Egli ha chiesto di te; ha detto che se avesse saputo che sei malato ti avrebbe fatto visita”. Disse: “La malattia me l’ha impedito”.

Dissero allora: “Ibn Ziad è venuto a sapere che passi le notti sulla porta di casa tua ed è scontento del fatto che tu non vai da lui. Quest’uomo potente non può sopportare l’indifferenza di uno come te, di un capo tribú. Ti scongiuriamo di venire con noi a fargli visita”. Hani allora si vestI e andò insieme a loro. Quando arrivò nei pressi del palazzo di Ibn Ziad, sentI in cuor suo che avrebbe avuto problemi. Disse perciò a Hassàn Ibn Asmà Ibn Khàrijah: “O mio nipote, giuro su Dio che ho paura d’Ibn Ziad. Cosa ne pensi tu?”. Disse: “Caro zio, giuro su Dio che non temo nulla per te. Togliti queste idee dalla mente”. Hassàn in realtà non sapeva per quale motivo Ibn Ziad aveva convocato Hani.

Arrivarono cosI da Ibn Ziad, il quale, quando vide Hani, disse: “Chi ti tradisce è venuto da te con i suoi stessi piedi”. Poi si volse verso Shuraih Al-gàdhi e, indicando Hani, recitò una poesia di Amr Ibn Ma´dI Karib Az-zubaidiyy, con la quale voleva dire che non aveva intenzione d’uccidere Hani ma egli a casa sua tramava di nascosto contro di lui.

Hani disse: “O Duce, cosa vuoi dire con ciò?”. Disse: “Taci! Cosa sono questi intrighi che vengono tramati dentro casa contro il Duce dei Credenti {vale a dire Yazid}, contro i Musulmani? Hai portato Muslim Ibn AqIl a casa tua, gli procuri armi e guerrieri, sistemandoli nelle case vicine alla tua! Pensi forse che io non sia informato di tutto ciò?”.

Hani disse: “Io non ho fatto una simile cosa”. Ibn Ziad disse: “SI che l’hai fatto!”. Hani negò nuovamente. Ibn Ziad disse allora: “Dite al mio servo Ma´ghIl di venire”. Ma´ghIl era la spia d’Ibn Ziad che raccoglieva informazioni riguardo a Muslim e alle persone che avevano a che fare con lui; aveva scoperto molti dei loro segreti. Ma´ghIl venne e si fermò accanto a Ibn Ziad; lo sguardo di Hani cadde su di lui e comprese che egli era una spia. Disse: “O Duce, giuro su Dio che io non ho invitato Muslim a casa mia; lui si è rifugiato in casa mia. Io mi sono vergognato di respingerlo e gli ho dato rifugio e, per questo motivo, proteggerlo è diventato per me un dovere. Ora che sei venuto a sapere del fatto, permettimi di ritornare e dirgli di andarsene da casa mia, affinché io non abbia piú il dovere di proteggerlo”.

Ibn Ziad disse: “Giuro su Dio che non ti allontanerai da me se non dopo avermi consegnato Muslim”. Rispose: “Giuro su Dio che non te lo consegnerò mai. Dovrei forse consegnarti con le mie stesse mani il mio ospite affinché tu lo uccida?!”. Ibn Ziad disse: “Devi consegnarmelo!” e Hani rispose: “Giuro su Dio che non te lo consegnerò”.

Dopo una lunga discussione trai due, intervenne Ibn Amr Al-bàhiliyy e disse: “O Duce, permettimi di parlare con Hani in privato”. Si alzò e portò Hani in un angolo; Ibn Ziad li vedeva e sentiva le loro parole. Muslim gli disse: “O Hani, ti scongiuro di non farti uccidere, di non gettare la tua tribú in disgrazia. Giuro su Dio che ti salverò la vita. Muslim è il cugino di questa gente, non lo uccideranno, non gli arrecheranno danno. Consegnaglielo! Facendo ciò non peccherai, non cadrai in abiezione, poiché tu lo hai consegnato al Duce e ciò non è una cattiva azione”.

Hani disse: “Giuro su Dio che consegnare al nemico chi mi ha chiesto protezione, il mio ospite, l’inviato del figlio del mio Profeta, mi disonorerà, mi renderà vile. Le mie mani sono forti e ho molti aiutanti. Giuro su Dio che anche se rimarrò solo e nessuno mi aiuterà, non lo consegnerò, a costo di morire prima di lui”. Ibn Amr cominciò allora a scongiurarlo di consegnare Muslim, ma Hani si rifiutava. Ibn Ziad udI queste parole e disse: “Devi consegnarmi Muslim, se no ti mozzerò la testa”. Hani: “Se farai ciò molte spade circonderanno la tua casa”. Egli rispose: “O disgraziato, m’intimorisci con le spade?!”.

Hani pensava che la sua tribú avrebbe sentito la sua voce. Ibn Ziad disse: “Avvicinatelo a me”. Quando lo condussero da lui, iniziò a colpirlo sulla fronte, sul naso e sul viso con un bastone da passeggio. Lo colpI cosI tanto da rompergli il naso, da macchiargli i vestiti di sangue, da staccargli la carne del viso e fargliela cadere sulla barba; ruppe addirittura il bastone. Hani riuscI tuttavia a impossessarsi della spada di una delle guardie, la quale riuscI però a bloccarlo. Ibn Ziad urlò: “Arrestatelo!”. Trascinarono Hani e lo gettarono in una delle stanze del palazzo la quale fu chiusa e, per ordine di Ibn Ziad, fatta sorvegliata da diverse guardie.

In questo momento Asmà Ibn Khàrijah o, secondo un’altra tradizione, Hassàn Ibn Asmà, si alzò e disse: “O Duce, tu ci hai ordinato di portarti Hani e ora che te l’abbiamo portato gli hai rotto il viso, gli hai bagnato la barba di sangue e pensi pure di potere ucciderlo”. Ibn Ziad montò in collera e disse: “Sei in arresto anche tu!” e lo fece picchiare cosI tanto da farlo tacere; dopodiché fu legato e imprigionato in un angolo del palazzo. Quando si vide in quelle condizioni disse: “In verità, noi apparteniamo a Dio e a lui ritorniamo”, come se si fosse ricordato delle parole che Hani gli disse prima di entrare a palazzo. Egli disse: “O Hani, ora ti comunico la notizia della mia morte”

Quando Amr Ibn Hajjaj, la cui figlia Ruwaihah era la moglie di Hani, venne a sapere dell’uccisione di quest’ultimo, circondò, con tutta la tribú dei Mazhaj, il palazzo e ad alta voce disse: “Io sono Amr Ibn Hajjaj e questi sono i cavalieri e gli eminenti della tribú dei Mazhaj. Noi non ci siamo ribellati al Duce, non ci siamo separati dai Musulmani. Abbiamo però sentito che il nostro capo Hani è stato ucciso”. Ibn Ziad, saputo del fatto, ordinò a Shuraih Al-gàdhi di andare a trovare Hani e di dire alla sua tribú che egli è vivo. Shuraih ubbidI e disse ai membri della tribú di Hani che egli non era stato ucciso. Essi si accontentarono di ciò e si dispersero. La rivolta di Muslim e il tradimento della gente di Kufa

Dopo essere venuto al corrente della tragedia che aveva coinvolto Hani, Muslim, insieme a coloro che gli avevano giurato fedeltà, scese in guerra contro Ibn Ziad, il quale si rifugiò dentro il palazzo e ne serrò bene i portoni, e i suoi uomini iniziarono a combattere con quelli di Muslim.

Quelli che si erano rifugiati con lui all’interno del palazzo, salirono sul tetto e iniziarono a minacciare i seguaci di Muslim dell’arrivo delle armate di Damasco. Si fece sera e i seguaci di Muslim si dispersero gradualmente abbandonandolo; dicevano tra loro: “Perché dovremmo alimentare la fiamma del tumulto? E meglio che ce ne stiamo nelle nostre case e lasciamo stare Muslim e Ibn Ziad, affinché Iddio metta pace tra loro”. Se ne andarono tutti all’infuori di dieci persone.

Quando venne in moschea per compiere le preghiere del tramonto e della sera, non vi trovò nemmeno quelle dieci persone. UscI umilmente dalla moschea e s’incamminò per i vicoli della città; si fermò davanti alla porta della casa di una donna chiamata Tu´ah. Domandò dell’acqua e, dopo averla bevuta, chiese alla donna di dargli rifugio a casa sua; lei acconsentI e lo ospitò. Il figlio della donna però informò Ibn Ziad del fatto, il quale mandò Muhammad Ibn Al’ash´ath, con un gruppo di uomini, a catturarlo.

Essi arrivarono fino a dietro il muro della casa della donna; quando Muslim sentI il rumore degli zoccoli dei loro cavalli, indossò la corazza, montò a cavallo e si scagliò contro di loro, uccidendone alcuni. Muhammad Ibn Al’ash´ath urlò: “O Muslim, tu sei al sicuro!”. Muslim disse: “La protezione della gente intrigante e dissoluta non è protezione”.

Dopodiché riprese a combattere, recitando, in qualità di rajaz, i versi che Hamràn Ibn Màlik Al-khath´amiyy aveva composto nel Giorno di Garan: “Ho giurato di non essere ucciso se non in modo nobile e dignitoso, anche se dovessi morire in modo duro e doloroso. Non amo essere ingannato e fatto prigioniero, non amo mescolare l’acqua fresca all’acqua calda e amara {vale a dire, voglio comportarmi da prode e valoroso e non amo arrendermi di fronte al nemico}. Ogni uomo un giorno nella sua vita incontra il male; io vi colpisco {con la mia spada} e non temo alcun pericolo”.

Gli uomini di Ibn Ziad gridarono: “O Muslim, Muhammad Ibn Al’ash´ath non mente, non t’inganna”. Muslim non badò però a queste parole. I colpi di spada e di lancia che ricevette lo indebolirono e gli uomini d’Ibn Ziad aumentarono i loro attacchi. Un empio lo colpI alle spalle con la propria lancia e lo fece cadere da cavallo; venne cosI fatto prigioniero.

Quando Muslim arrivò a palazzo non salutò Ibn Ziad. Una delle guardie disse: “Perché non hai salutato il Duce?”. Muslim disse: “Guai a te! Egli non è il mio capo”. Ibn Ziad disse: “Non importa se saluti o no, sarai in ogni caso ucciso”.

Muslim disse: “La mia uccisione non è una questione importante, poiché persone piú empie di te hanno ucciso persone piú probe di me. Tu, inoltre, uccidendo le persone vigliaccamente e mutilandole in modo terrificante, manifesti la tua empietà, e quando prevali sul nemico esegui le piú turpi azioni. In verità, non esiste persona piú adatta di te per compiere simili crimini”. Ibn Ziad disse: “O peccatore, o sobillatore, ti sei ribellato al tuo duce, hai gettato discordia tra i Musulmani, hai creato tumulto, hai sobillato!”.

Muslim disse: “O figlio di Ziad, hai mentito! Sono stati Muawiah e suo figlio Yazid a gettare discordia tra i Musulmani, siete stati tu e tuo padre Ziad Ibn Ubaid a sobillare. Io spero che Iddio mi doni il martirio per mano della sua piú malvagia creatura”. Ibn Ziad disse: “O Muslim, speravi di raggiungere una posizione e ti sei perciò dato da fare. Dio però non ha voluto e l’ha concessa a chi n’era degno”.

Muslim disse: “O figlio di Marjànah, chi era veramente degno di quella posizione?”. Rispose: “Yazid figlio di Mu

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