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Introduzione alla scienza degli ahadith

Introduzione alla scienza degli ahadith

by : al-islam.org

Col Nome d'Iddio, il Clemente, il Misericordioso

Il presente articolo è un’introduzione generale alla scienza degli ahadith. Esso si prefigge lo scopo di riportare alcune norme e principi inerenti questa materia in maniera semplice, chiara e sintetica. Di conseguenza non mira affatto ad essere un testo dettagliato bensi un primo passo per chi non abbia minima familiarità con l’argomento. Per introduzioni più esaurienti rimandiamo alla lettura di “Dirayah al-hadith” di Shaykh ‘Abdul-Hadi al-Fadhli (tradotto in inglese e pubblicato all’interno della più ampia opera “Introduction to Hadith”, dello stesso autore, edito a cura dell’“Islamic College for Advanced Studies” di Londra) e “Kulliyat fi al-‘ilm al-rijal” dell’Ayatullah Ja’far Subhani.

La “sunnah” è la tradizione del nobile Profeta Muhammad (S) e degli Imam Infallibili che gli sono succeduti. Essa include i detti, le azioni e il silenzio consenziente (taqrir) di un Infallibile. Il silenzio consenziente è quando un individuo compie un atto in presenza di un Infallibile e questi non gli impedisce di agire, né esprime un parere negativo sull’atto in corso. Questa sunnah ci viene trasmessa attraverso gli ahadith. Dopo la dipartita dell’Inviato d’Iddio (S) i compagni ebbero opinioni divergenti sul come dedurre la sunnah del Profeta (S). Alcuni compagni, quali ‘Ali (A), Salman al-Farsi, Abu Dharr e altri vollero attenersi meticolosamente alle parole dell’Inviato d’Iddio (S) e le preservarono per quanto fu possibile. Altri come Abu Bakr, ‘Umar, ‘Uthman e altri ancora fecero uso della propria opinione personale (ijtihad bil-ra’iy) per far fronte alla situazione della comunità Islamica.

‘Ali ibn Abi Talib (A) non venne eletto terzo califfo proprio a motivo del suo rifiuto di seguire la tradizione della gente dell’opinione (ahl al-ra’iy). Ciò evidenzia ulteriormente i problemi presenti tra le due fazioni che in seguito marcheranno sempre più allo scoperto le differenze tra la scuola Sciita e quella Sunnita. Gli Sciiti non accettano tradizioni che furono riportate oralmente, ma soltanto quelle scritte. Il secondo califfo ‘Umar ibn al-Khattab bandi la raccolta e la diffusione degli ahadith. E’ anche per questo motivo che, in genere, i Sunniti non possiedono catene di trasmissione scritte e, allo stesso tempo, continue. Sempre in accordo alla visione Sciita ogni singolo compagno del Profeta (S) deve essere giudicato in base al suo stato religioso, comportamentale e sapienziale; in definitiva egli deve essere considerato in base ai propri meriti.

Se i Sunniti, al giorno d’oggi, accettassero una teoria simile, le loro raccolte cosiddette “autentiche” dovrebbero essere totalmente revisionate. Invece gli Sciiti manterrebbero comunque il legame con l’Inviato d’Iddio (S) attraverso l’Ahl al-Bayt (A).

Quando un hadith giunge da una sola catena di trasmettitori esso è noto con l’espressione tecnica “khabar al-wahid”. Se invece l’hadith viene riportato da due catene di trasmissione viene definito “’aziz”. Se le catene di trasmissione sono più di due l’hadith viene chiamato “mashur” o “mustafid”. Va detto infine che quando le catene di trasmissione sono particolarmente numerose un hadith diviene mutawatir. A questo punto si deve ricordare una nozione molto importante e vale a dire che un hadith viene sempre giudicato in accordo alla generazione con il numero più basso di trasmettitori. Per esempio consideriamo che un hadith venga trasmesso nel seguente modo: “Un trasmettitore riporta da sette trasmettitori, i quali riportano da due trasmettitori, i quali riportano da dieci persone che il Profeta (S) ha detto…”

L’hadith menzionato è khabar al-wahid poiché in un passaggio vi è una persona soltanto che lo trasmette. Al contrario se vi fossero state due catene di trasmissione, una con tutti i trasmettitori differenti dall’altra, l’hadith sarebbe stato ‘aziz. In accordo alla scuola Sunnita e a quella Akhbari (una scuola all’interno dell’Islam Sciita) un hadith khabar al-wahid, quando è autentico, è una prova sufficiente e può essere accettato. Comunque in accordo alla scuola Usuli (l’altra scuola all’interno dell’Islam Sciita) esso costituisce soltanto una “forte probabilità”.

Un hadith viene considerato autentico (sahih) quando tutte le persone nella catena di trasmissione sono “affidabili e giuste” (thiqqatun ‘adl). Un hadith è invece affidabile (mu’aththaq) quando nella catena di trasmissione vi è anche un solo trasmettitore affidabile ma non Imamita. Se vi è anche un solo trasmettitore non particolarmente elogiato per le sue qualità l’hadith è hasan. Tutti gli altri ahadith sono da considerarsi deboli (da’if).

Proponiamo adesso un esempio con la seguente catena di trasmissione: “Shaykh al-Kulayni ha riportato da Muhammad ibn Yahya, il quale ha riportato da Ahmad ibn Muhammad, il quale ha riportato da ‘Ali ibn al-Hakam, il quale ha riportato da ‘Abdullah ibn Bukhayr, il quale ha riportato da Zurarah, il quale ha riportato da Abu ‘Abdullah (A)…” I trasmettitori nella catena di trasmissione menzionata sono tutti “affidabili e giusti” all’infuori di ‘Ali ibn al-Hakam che è “molto stimato” e ‘Abdullah ibn Bukhayr che è affidabile ma non Imamita (aderiva al gruppo Sciita Aftahita). Se nella catena di trasmissione non vi fosse stata la presenza di ‘Ali ibn al-Hakam, esso sarebbe stato affidabile a motivo di ‘Abdullah ibn Bukhayr. Ma dato che questi vi è incluso, l’hadith è buono.

Analizziamo adesso alcune catene di ahadith deboli. Prendiamo come esempio Sayf ibn ‘Umar al-Tamimi il quale, come è ben noto, fu un mendace che fabbricò i nomi di 150 compagni prima di inserirli nelle catene di trasmissione che riportava alle genti. E’ stato riportato che tra le sue invenzioni vi fu anche quella di ‘Abdullah ibn Saba (un giudeo che sarebbe all’origine dello Sciismo secondo quanto diffuso da alcuni nemici dell’Ahl-al-Bayt).

Quando vi è una catena di trasmissione continua, sia essa autentica, affidabile, buona o debole, includente individui mendaci e inaffidabili, essa è ritenuta musnad. Al contrario, quando in essa vi è un “vuoto”, sarà inevitabilmente debole e non potrà definirsi musnad. Per esempio se non viene riportato soltanto il compagno che ha trasmesso la tradizione direttamente dall’Inviato d’Iddio (S), la catena di trasmissione viene definita mursal. A volte alcuni sapienti considerano valida una catena di trasmissione mursal a motivo di evidenze esterne. Per esempio Ibn Abi ‘Umayr era un pio Sciita “affidabile e giusto” che venne arrestato e torturato dalle autorità Abbassidi, le quali distrussero la sua biblioteca.

Quando venne rilasciato egli riscrisse tutti gli ahadith che si ricordava con le relative catene di trasmissione. A volte però succedeva che non si ricordava ogni singolo trasmettitore e quindi non poteva riportare più alcuni dei loro nomi. Tale criterio è comunque valido soltanto per 18 compagni (ashab al-‘ijma’) degli Imam che non solo sono “affidabili e giusti” ma è anche risaputo che hanno sempre, solo e soltanto riportato ahadith da persone “affidabili e giuste”.

Altri sapienti però ritengono che le persone in incognito potevano essere una garanzia di affidabilità per i 18 compagni ma, oggi, non lo sono per noi. Un altro esempio di hadith debole è quando il compilatore finale (rawi) riporta la tradizione direttamente da un Infallibile o da un suo compagno. Tale hadith viene definito “sospeso” (mu’allaq). Anche un hadith sospeso può venire accettato in base a certi criteri, come ad esempio nel caso in cui l’autore riporti l’intera catena di trasmissione in un’altra pagina o in un altro libro. Nell’opera “Man la yahduruhu al-faqih” Shaykh al-Saduq riporta un hadith da ‘Ammar ibn Musa al-Sabati il quale lo riporta dall’Imam al-Sadiq (A).

Comunque alla fine dei suoi quattro volumi al-Saduq scrive: “Tutto quello che ho riportato da ‘Ammar ibn Musa al-Sabati l’ho riportato da mio padre, il quale lo ha riportato da Muhammad ibn al-Hasan ibn Ahmad ibn Walid, il quale lo ha riportato da Sa’d ibn ‘Abdullah, il quale lo ha riportato da Ahmad ibn al-Hasan ibn ‘Ali Ibn Fadal, il quale lo ha riportato da Amr ibn Sa’id al-Mada’ini, il quale lo ha riportato da Musaddiq ibn Sadaqah, il quale lo ha riportato da ‘Ammar ibn Musa al-Sabati”. In alcuni casi il nome dell’Imam Infallibile non viene fatto ed è sostituito da un pronome. Questo perché a volte la menzione dell’Imam avrebbe potuto mettere a rischio la vita o l’incolumità del trasmettitore o dell’Imam stesso a causa della repressione tirannica dei governi ‘Ummaiadi e Abbassidi.

Veniamo adesso ad analizzare gli ahadith mutawatir. Come abbiamo già accennato in precedenza, un hadith mutawatir è una tradizione riportata da un numero talmente elevato di catene di trasmissione che rende certa la sua affidabilità. Esso si suddivide in due categorie: hadith mutawatir lafdhi e hadith mutawatir ma’nawi. Un hadith mutawatir lafdhi lo si ha quando il testo della tradizione è sempre lo stesso nonostante le sue catene di trasmissioni siano numerose. Un esempio sono le seguenti parole dell’Inviato d’Iddio (S): “Chiunque intenzionalmente mente sul mio conto abiterà per sempre nel fuoco [dell’inferno]”.

Un hadith mutawatir ma’nawi invece lo si ha quando il messaggio riportato dalle varie catene di trasmissione è lo stesso nonostante le parole varino anche leggermente. Esempi di questa categoria di tradizioni sono quelle inerenti all’Imam Mahdi (AJ), l’hadith al-thaqalayn o l’hadith di Ghadir Khumm del quale parleremo adesso brevemente. L’‘Allamah ‘Abdul-Husayn al-Amini viaggiò per 20 anni in tutto il mondo al fine di verificare l’affidabilità dell’hadith di Ghadir Khumm e, alla fine delle sue ricerche, constatò che, soltanto basandosi sulle fonti Sunnite, ben 110 compagni avevano riportato la tradizione. Da questi 110 compagni vi furono 84 studenti che riportarono l’avvenimento e da questi 84 studenti 56 loro discepoli continuarono a preservarlo.

Dai 56 discepoli, ben 92 loro seguaci riportarono l’hadith. Dopo di essi il numero dei trasmettitori è cresciuto continuamente. In conclusione deduciamo che non vi siano dubbi riguardo al tawatur della tradizione. Un’altra cosa che è possibile constatare è che durante il periodo del califfato ‘Ummaiade i trasmettitori erano sempre meno e ciò è abbastanza insolito poiché i numero dei trasmettitori di un hadith mutawatir in genere è in crescita e non va decrescendo. Dopo un’analisi degli eventi storici e delle circostanze politiche di quel tempo noteremo comunque che questo avvenne a causa della repressione esercitata dai Bani ‘Ummayah contro ogni sorta di attitudine, simpatia ed inclinazione Sciita.

Elenchiamo adesso di seguito alcuni metodi utilizzati dai trasmettitori di ahadith per ricevere e diffondere le tradizioni.

Ijazah: si tratta del permesso ottenuto da uno Shaykh affinché il suo studente o discepolo possa narrare e trasmettere gli ahadith che ha appreso. La comprensione delle tradizioni è molto importante al fine di ottenere l’ijazah e la sola trascrizione e preservazione non era sufficiente per ottenerla.

Sama’: si tratta della trasmissione orale. Come abbiamo già detto in precedenza essa non viene accettata dai sapienti Sciiti, che venga effettuata con o senza ijazah.

Qira’ah: in questo caso lo studente legge l’hadith ad alta voce e l’insegnante gli corregge eventuali errori.

Munawalah: qui invece l’insegnante narra allo studente un hadith da un libro il quale lo scriverà sotto dettatura.

Mukatabah o Kitabah: si tratta di ricevere una tradizione scritta dall’insegnante.

I’lam: esso avviene quando uno Shaykh dichiara di aver ricevuto una tradizione da una certa autorità e la riporta ma non accorda il permesso di diffonderla.

Wasayah: è quando uno Shaykh, in punto di morte, concede il permesso ad alcuni studenti di preservare o diffondere l’hadith.

Wajadah: essa si ha quando viene trovato un hadith in un libro. Non possiede dunque nessuna garanzia sull’autenticità.

Veniamo ora invece ad elencare i tipi di raccolte di ahadith:

Sahifah o Mushaf: si tratta di una raccolta di vari ahadith riportati da un compagno o da un suo discepolo.

Asl: nella terminologia Sciita si tratta di una raccolta compilata per ordine del suo insegnante da un discepolo di un Imam Infallibile o da un discepolo di un discepolo.

Juz’: si tratta di una raccolta di ahadith inerente ad un argomento specifico (ad esempio l’intenzione o la prostrazione).

Risalah: essa possiede un significato più ampio di “juz’” (ad esempio quando viene scritto un trattato sulla preghiera o sul digiuno).

Musnad: da non confondere con il significato di una catena di trasmissione musnad. Una raccolta musnad è invece quando l’autore seleziona capitoli specifici per ogni compagno (ad esempio suddividendo la raccolta in: “capitolo su ‘Ali (as)”, capitolo su ‘A’isha”, “capitolo su ‘Umar”, ecc ...).

Musannaf: esso classifica i capitoli in base agli argomenti.

Mu’jam: è quando, attraverso un determinato criterio, una raccolta viene compilata per ordine alfabetico.

Jami’: si tratta di una raccolta che contiene almeno otto argomenti (dottrina, giurisprudenza, etica, purificazione del cuore, commento coranico, storia profetica, escatologia e meriti e demeriti degli individui).

Sunan: esso riguarda la tradizione dell’Inviato d’Iddio (S).

Mustadrak: si tratta di una raccolta di ahadith nella quale l’autore utilizza lo stesso criterio utilizzato da un altro compilatore in un’altra opera.

Mustakhraj: si tratta di una raccolta di ahadith in cui non vengono riportate le catene di trasmissione le quali, però, sono presenti in altre raccolte. Tale è il caso del “Nahj al-Balaghah” per il quale l’autore si è preoccupato primariamente dell’eloquenza letterale senza preoccuparsi eccessivamente delle catene di trasmissione.

Abbiamo già detto che durante il periodo del secondo califfo ‘Umar ibn al-Khattab la trasmissione degli ahadith venne messa a bando. ‘Uthman invece fece arrestare alcuni compagni per aver riportato ahadith. Bukhari riporta che durante il periodo del secondo califfo un compagno venne nominato responsabile dell’amministrazione di Kufah assieme ad ‘Ammar. ‘Umar ordinò loro di non riportare ahadith poiché altrimenti le genti avrebbero dimenticato il Corano.

Tre domande che, a questo punto, ci sorgono spontanee sono le seguenti: la distrazione dal Corano da parte delle genti è una giustificazione sufficiente per impedire la diffusione degli ahadith? E se anche cosi fosse dovremmo forse considerare ogni singola persona appartenente alla comunità Islamica incapace di ricordarsi il Corano e, al contempo, di conservare o diffondere ahadith?

E’ forse possibile che il califfato di quel tempo avesse qualcosa da temere e nascondere e per questo cercò di impedire la diffusione degli ahadith? Le tradizioni riguardo alla proibizione profetica della trasmissione di ahadith sono contrastanti e ciò vuol dire che, da una parte o dall’altra, qualcuno ha effettuato delle fabbricazioni. Sarà quindi adesso necessario far riferimento ad una prova più schiacciante, ossia ad un hadith mutawatir: “Chiunque intenzionalmente mente sul mio conto abiterà per sempre nel fuoco [dell’inferno]”.

Tale tradizione implica la liceità di trasmettere ahadith veraci. Inoltre come è possibile considerare valida la proibizione degli ahadith proprio sulla base di un hadith? Ciò è alquanto contraddittorio.

Ma analizziamo l’operato di alcuni compagni in relazione alla messa al bando degli ahadith. Sa’d ibn ‘Abbadah, il quale si oppose veementemente al califfato di Abu Bakr e per questo venne ucciso, fu l’autore di un sahifah. Lo stesso fece suo figlio Qays ibn Sa’d, noto per non aver mai accettato il trattato di pace con Mu’awiyah anche dopo l’accettazione dell’Imam al-Hasan (A).

Jabir ibn ‘Abdullah al-Ansari riportò ahadith nel suo trattato pratico per il compimento dell’hajj, il quale verrà poi riportato anche dall’Imam al-Baqir (A). Hammam ibn Munabbih, uno studente di Abu Hurayrah, scrisse anch’egli un sahifah. Da quanto detto risulta evidente che la messa al bando degli ahadith da parte di ‘Umar non portò alle conseguenze da lui sperate. La proibizione legale degli ahadith continuò fino al tempo del califfo ‘Ummaiade ‘Umar ibn ‘Abdul-‘Aziz (che regnò dall’anno 99 al 101 H.).

Questi, forse influenzato dal suo tutore personale, Salih ibn Kisan, il quale era un discepolo dell’Imam Zayn al-‘Abidin (A) che praticava la taqiyyah, rese lecita la pratica della raccolta degli ahadith. Egli inoltre fece ritornare la terra di Fadak all’Ahl a-Bayt, bandi la pratica di maledire l’Imam ‘Ali (A) dai pulpiti delle moschee e permise ai Bani Hashim di essere i destinatari del khums seppur in base soltanto dal bottino di guerra. Probabilmente fu per aver cambiato la politica dei Bani ‘Ummayah che il periodo del suo governo fu assai breve ed egli mori per avvelenamento. In ogni caso i governanti dopo di lui bandirono nuovamente la trasmissione degli ahadith e fu cosi che, come riporta al-Dhahabi, lo studio della scienza degli ahadith nel mondo Sunnita iniziò ufficialmente nell’anno 143 H. (il regime ‘Ummaiade cadde nell’anno 132 H.). Sayyid al-Radhi scrisse una poesia indirizzata ad ‘Umar ibn ‘Abdul-‘Aziz in cui dice: “Se avessi dovuto piangere per uno dei Bani ‘Ummayyah, avrei pianto per te”.

Alcuni sapienti Sunniti, nel cercare un’armonia tra le tradizioni contrastanti, e per giustificare la posizione ufficiale della loro scuola che accetta la trasmissione degli ahadith (e riportano anche molte tradizioni pronunciate dai primi califfi) si sono giustificati dicendo che la proibizione della trasmissione di ahadith fu in vigore all’inizio della missione profetica ma, più tardi, tale legge venne abrogata. Ciò è comunque in contrasto con una tesi inerente ad una tradizione di Abu Sa’id al-Khudri il quale riporta dall’Inviato d’Iddio (S): “Non riportate niente da me che non sia il Corano. Chi lo farà sarà un rinnegato”. Infatti quando il Profeta (S) lasciò questo mondo Abu Sa’id al-Khudri aveva soltanto 9 anni. Oppure si tenga conto di Abu Hurayrah il quale fu con il Profeta (S) soltanto durante gli ultimi tre anni della sua vita e riporta un hadith in cui viene detto che egli (S) proibi la trasmissione di ahadith. La prima raccolta di ahadith ufficiale Sunnita venne compilata nell’anno 150 H. da Ibn Jurayj il quale proveniva dall’impero Romano e si era convertito dal Cristianesimo alla religione Islamica. Questi introdusse molte israiliyyat (fabbricazioni provenienti dai testi distorti basati sulle rivelazioni precedenti). Un’altra famosa raccolta ebbe luogo nell’anno 160 da parte di Rabi’ ibn Subayh.

Il problema delle israiliyyat nelle prime raccolte Sunnite è stato oggetto di molti studi sia da parte di ricercatori Musulmani che non-Musulmani. Di seguito elenchiamo i maggiori narratori di israiliyyat:

1) ‘Abdullah ibn Salam: convertitosi dall’ebraismo all’Islam
2) Ka’b al-Ahbar: convertitosi dall’ebraismo all’Islam
3) Muhammad ibn Ka’b al-Qardhi: convertitosi dall’ebraismo all’Islam
4) ‘Abdullah ibn Amr ibn al-As: convertitosi dall’ebraismo all’Islam
5) ‘Abdul Malik ibn Jurayj: convertitosi dal cristianesimo all’Islam
6) Tamim ibn Aws al-Dari: convertitosi dal cristianesimo all’Islam
7) Wahab ibn Munabbih: convertitosi dallo zoroastrismo all’Islam
8) Abu Hurayrah: cita molte israiliyyat dal suo maestro Ka’b al-Ahbar

La prima opera di grande rilievo nel mondo Sunnita sarà comunque il “Muwatta’” dell’Imam Malik ibn Anas (morto nell’anno 179 H.), il quale visse nel periodo dell’Imam al-Sadiq (A) e dell’Imam al-Kazim (A), lavorando però per il califfato Abbasside. Questa raccolta riguarda nozioni di giurisprudenza Islamica. Sia Bukhari che Muslim riporteranno ahadith dalla sua opera. Successivamente vennero compilati il Musnad di al-Tayalisi (morto nell’anno 203 H.), il Musannaf di ‘Abdul-Razzaq (morto nell’anno 211 H.), il Musannaf di Ibn Abi Shaybah (morto nell’anno 235 H.) e il Musnad di Ahmad ibn Hanbal (morto nell’anno 241 H.). Poi giunsero le raccolte maggiori Sunnite che elenchiamo di seguito:

- Sahih al-Bukhari
- Sahih Muslim
- Sunan Abu Dawud
- Sunan Tirmidhi
- Sunan Nisa’i
- Sunan Ibn Maja

Alcuni sapienti hanno preferito il “Sunan al-Daraqtuni” al “Sunan Ibn Maja”, mentre altri gli hanno preferito il “Sunan al-Darimi”. In realtà in passato non vi è mai stata un’opinione unanime sull’argomento: alcuni preferirono il Sahih Muslim a quello di Bukhari, altri, che furono la maggioranza, invece no. Alcuni hanno affermato che nel Sahih Bukhari vi siano 1.725 tradizioni sospese (mu’allaq) che comunque Bukhari ha messo a sostegno di quelle che riteneva autentiche.

Al-Daraqtuni (306-385 H.), nel suo libro intitolato “Al-Istidrak wa al-tatabbu”, cercò di dimostrare la debolezza di duecento tradizioni presenti nel Sahih Bukhari. Altre critiche sulla medesima opera provennero da Abu Mas’ud di Damasco e da Abu ‘Ali al-Ghassani (vedi al-Nawawi: “Al-minhaj fi sharh Sahih Muslim Ibn Hajjaj”).

Ibn Hajar invece dichiarò la debolezza di vari ahadith presenti nei sihah Sunniti. Egli inoltre, nell’opera “Al-Hisab fi tamis al-ashab”, cita i nomi di 12.308 persone che fabbricarono ahadith sul conto dell’Inviato d’Iddio (S) e vi include anche Abu Hurayrah. Suyuti nel “Tadrib al-rawi” riporta che Bukhari venne infastidito dalle autorità Abbassidi durante la compilazione dei suoi lavori. Non è quindi sorprendente constatare che al-Nisa’i venne picchiato a morte per aver scritto un libro che intitolò “Khasa’is ‘Ali ibn Abi Talib” (I meriti di ‘Ali ibn Abi Talib).

Ibn Maja riporta che l’Imam ‘Ali (A) era solito visitare l’Inviato d’Iddio (S) al mattino e alla sera ed era sempre quest’ultimo ad iniziare a parlare. Una volta il Profeta (S) gli disse di scrivere quanto sentiva. A quel punto l’Imam ‘Ali (A) gli chiese se egli avesse dubitato della sua memoria. L’Inviato d’Iddio (S) gli disse che egli non dubitava della sua memoria ma che avrebbe comunque dovuto scrivere per i suoi figli (Hasan e Husayn). Fu forse per questo motivo che l’Imam ‘Ali (A) compilò un libro che prenderà il nome di “Al-Jami’ah”, meglio conosciuto con l’appellativo di “Kitab ‘Ali” (il libro di ‘Ali).

Esso conteneva nozioni inerenti ciò che è lecito e illecito nell’Islam. Anche i narratori di ahadith Sunniti, ivi incluso Bukhari nel suo Sahih, ne fanno menzione. Al-Kulayni in “al-Kafi” riporta una tradizione in cui viene detto che le dimensioni di questo libro erano molto grandi. In vari ahadith l’Imam al-Baqir (A), l’Imam al-Sadiq (A) e l’Imam al-Hadi (A) citano il “Kitab ‘Ali”. Zayd ibn ‘Ali affermò di non essere in possesso di questa raccolta ma disse che tutta la conoscenza di suo nipote al-Sadiq (A) proveniva proprio da essa.

‘Allamah al-Majlisi riporta nel “Bihar al-anwar” un hadith dal “Kitab ‘Ali” dove viene detto che 50 dei 313 compagni dell’Imam al-Mahdi (A) proverranno dall’Europa. Altri libri che sono stati attribuiti all’Imam ‘Ali (as) sono il “Sifah al-fara’idh”, riguardante le leggi sull’eredità, e il “Sahifah al-‘iqqah”, riguardante le manomissioni da parte degli individui. Alcuni sapienti hanno però ritenuto che essi fossero dei capitoli del “Kitab ‘Ali”. Un altro libro scritto dalla penna dell’Imam ‘Ali (A) è il Mushaf di Fatimah (A). Dopo la dipartita dell’Inviato d’Iddio (S), sua figlia Fatimah (A) pati molte pene e soffri moltissimo.

Per questo motivo Iddio fece scendere l’arcangelo Jibril affinché la consolasse. Il risultato dei dialoghi avvenuti tra i due sono stati riportati da ‘Ali (A) nel Mushaf di Fatimah. Abu Rafi’ al-Qibti al-Shi’i, uno schiavo emancipato del Profeta d’Iddio (S), compilò una raccolta di ahadith inerenti alla giurisprudenza Islamica intitolata “Kitab al-sunan wa al-ahkam wa al-qadhaya”. Due dei suoi figli divennero gli scribi dell’Imam ‘Ali (A). Uno di essi, ‘Ali ibn Abi Rafi’, compilò un’altra raccolta sulla giurisprudenza, l’altro, ‘Ubaydullah ibn Abi Rafi’, scrisse il primo libro di rijal della storia considerando l’affidabilità dei compagni basandosi sui criteri di quello che avvenne durante le battaglie di Basrah, Siffin e Nahrawan.

Quello che è chiaro in accordo alla prospettiva Sciita è l’esortazione alla trasmissione degli ahadith sin dal primo momento della nascita dell’Islam, indipendentemente dalle varie proibizioni esercitate dalle autorità al potere. Dal periodo dell’Imam ‘Ali (A) a quello dell’Imam al-‘Askari (A), in un lasso di tempo durato circa 250 anni, gli Sciiti compilarono moltissime raccolte, la maggior parte delle quali, purtroppo, è andata perduta soprattutto dopo l’invasione mongola. Secondo Shaykh al-Mufid (morto nell’anno 413 H.) durante il periodo degli Imam vennero compilati 400 usul (plurale di “asl”).

Questi usul sono considerati totalmente affidabili ma soltanto 16 di essi sono giunti fino ai giorni nostri, conservati attualmente nella città di Tehran. Altre raccolte compilate durante il periodo degli ultimi Imam disponibili ai giorni nostri sono il “Mahasin” di Ahmad al-Barqi e il “Basa’ir al-darajat” di Muhammad al-Saffat. Comunque le raccolte di ahadith più affidabili risalgono ad un periodo più tardo e sono: “Al-kafi” di Shaykh al-Kulayni (morto nell’anno 329 H.), compilato durante il periodo dell’occultazione minore del dodicesimo Imam (AJ), “Man la yahduruhu al-faqih” di Shaykh al-Saduq (morto nell’anno 381 H.), “Tahdhib al-Ahkam” e “Al-istibsar” di Shaykh al-Tusi (morto nell’anno 460 H.).

Shaykh al-Kulayni rende chiaro nell’introduzione della sua opera di aver fatto uso di tradizioni autentiche ma, al contempo, afferma anche il dovere di far ricorso al Corano quando vi possono essere delle contraddizioni presenti tra i vari ahadith. Egli infatti ha intitolato la sua opera “sufficiente” (kafi) e non a caso nel suo lavoro vi sono diverse tradizioni mursal. Egli riporta molte tradizioni a conferma di quelle autentiche, come supporto, per rafforzare la loro credibilità e, spesso, per provare il loro tawatur. Si ricordi inoltre che il concetto di autenticità al tempo di Shaykh al-Kulayni differisce da quello del tempo di ‘Allamah Hilli. Infatti, al tempo di Shaykh al-Kulayni, quando una tradizione veniva riportata direttamente da un “asl” era considerata autentica; cosa che invece non era possibile al tempo di ‘Allamah Hilli in mancanza della gran parte degli “usul”.

Muhammad ibn Zakariyyah al-Razi, un famoso medico, scrisse un libro di medicina intitolato “Man la yahduruhu al-tabib” ([per] chi non possiede un dottore). Quindi consigliò a Shaykh al-Saduq, che era un giurista, di scrivere un libro e intitolarlo “Man la yahduruhu al-faqih” ([per] chi non possiede un giurista) che riportasse le regole pratiche in accordo alla Legge Islamica. Anche al-Saduq affermò di aver fatto uso di fonti autentiche. Comunque a volte egli non investiga personalmente la catena di trasmissione, bensi accetta l’autenticazione fornita da uno dei suoi insegnanti: Shaykh Muhammad ibn al-Hasan ibn al-Walid al-Qommi.

Ovviamente questa è la sua procedura basata su una propria considerazione, ma non può divenire una prova universale per tutti i sapienti in ogni luogo e tempo. Per quanto riguarda il “Tahdhib al-ahkam”, l’autore stesso afferma di avervi incluso tradizioni contraddittorie fra loro e poi dice che quando non vi è nessuna evidenza esterna che fa preferire un hadith all’altro si deve far riferimento ad un asl. Nonostante questo, in “Al-istibsar”, Shaykh al-Tusi riporta vari ahadith contradditori presenti nel “Tahdhib al-ahkam” e fornisce una soluzione. Comunque, in definitiva, “Al-istibsar” può essere visto come un riassunto dell’opera precedente.

Dopo l’invasione mongola la gran parte degli usul venne persa, distrutta o gettata nel fiume. A questo punto gli ahadith presenti nei Kutub al-arba’ah non poterono più essere verificati con una fonte affidabile e autentica come gli usul e per questo Muhaqqiq al-Hilli e ‘Allamah al-Hilli, introdussero anche nel mondo Sciita la classificazione degli ahadith in sahih, hasan e da’if come oggi la conosciamo, aggiungendovi la categoria mu’aththaq, presentando un nuovo sistema di valutazione degli ahadith che verrà poi adottato dalla scuola Usuli in epoca Safavide.

Sarà proprio in epoca Safavide che verranno compilate le raccolte di dimensioni più grandi: “Wasa’il al-shi’ah” di Hurr al-‘Amili, “Bihar al-anwar” di ‘Allamah al-Majlisi e “Al-wafi” di Mullah Faydh al-Kashani. Il “Wasa’il al-shi’ah” contiene gran parte degli ahadith dei Kutub al-arba’ah ed è un’opera di giurisprudenza Islamica. Al-‘Amili cita inoltre tradizioni da più di settanta libri, alcuni dei quali risalgono al tempo degli Imam. Il “Bihar al-anwar” invece tocca soprattutto i temi non analizzati dal “Wasa’il al-shi’ah”.

Comunque a differenza di al-‘Amili che riporta molte tradizioni autentiche, al-Majlisi è incurante di un numero notevole di catene di trasmissione. Di fatto, il “Bihar al-anwar” è un’enciclopedia di ahadith che include la maggior parte degli ahadith, fabbricati o meno, che venivano diffusi tra le genti della Persia Safavide. Con il suo lavoro al-Majlisi mette fine alla fabbricazione popolare degli ahadith riportando tutto quanto vi sia da dire e valutare in una singola opera.

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