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Conoscere Il Nahj-Ul-Balaghah

Conoscere Il Nahj-Ul-Balaghah by : Seyyed Jafar Hosseyni

 

Il Nahj-ul-Balaghah E una raccolta di tradizioni (sermoni, lettere e sentenze) del Principe dei Credenti, °Ali Ibn Abu-Tàlib (as)1. Parlare di questa straordinaria opera non E cosa semplice: nessuno di noi E in grado di conoscere profondamente la persona che ci ha lasciato in eredità le sublimi parole contenute in questi ahadith, di venire a conoscenza delle sue eccelse virtù.

°Ali (as), dopo il Santo Profeta dell’Islam (S)2, E la migliore creatura di Dio. A tal proposito, Ibn Abbàs dice: “Se tutti gli alberi fossero penne e i mari inchiostro, se i jinn contassero e gli uomini scrivessero, non riuscirebbero lo stesso a scrivere le virtù di °Ali Ibn Abu-Tàlib (as)”3

L’Ayatollah Muhammad Taqi Ja°fari, nella prefazione dell’opera ‘Traduzione e Commento del Nahj-ul-Balaghah’, afferma: “Non v’E alcun dubbio che noi non siamo in grado di conoscere la personalità di °Ali Ibn Abu-Tàlib (as), non possiamo illustrarla come facciamo con quelle degli altri personaggi della storia, e non abbiamo il diritto di considerare il Nahj-ul-Balaghah come un’opera lasciata da un semplice personaggio della storia. In effetti, abbiamo a che fare con un uomo che mira a un eccelso obiettivo nella vita, con una guida assolutamente giusta e retta. Parliamo di una persona che conosce perfettamente l’essere umano e l’universo.

E impossibile esprimere e interpretare attraverso i soliti concetti, gli abituali valori i meriti di °Ali (as): la sua stretta relazione con le supreme origini del creato, il suo straordinario realismo, il suo diretto rapporto con il Signore Eccelso, il suo timor di Dio, le sue somme virtù, la sua esemplare sincerità, la sua grande rettitudine, il suo retto pensiero, la sua infinita devozione. In effetti, per coloro che conducono una vita puramente materiale, le diverse componenti della personalità di °Ali (as), le sue virtù e le sue profonde parole, non sono altro che chimere”4

Tuttavia, per gli uomini assetati di verità non E cosa difficile venire a conoscenza di una piccola parte della personalità di questo infinito oceano di sapienza e di virtù, e del significato delle sue sublimi parole. Chiunque, infatti, abbia una minima conoscenza della personalità del santo °Ali (as), della sua benedetta vita, delle sue sublimi e illuminanti parole e del suo retto pensiero, sa bene che egli E un uomo superiore, E, dopo il santo profeta dell’Islam, il sommo segno di Dio, E l’uomo perfetto; sa che il Nahj-ul-Balaghah E un immenso oceano di sapienza, un prezioso tesoro di scienza e di virtù, un meraviglioso giardino di fiori – il cui profumo inebria le anime degli amanti della verità – una inesauribile fonte di sapere e, insomma, dopo il Sacro Corano e le preziose tradizioni del sommo Profeta (S), il miglior punto di riferimento per tutti gli uomini che amano raggiungere la salvezza e la beatitudine.

Senza dubbio, chiunque decida di compiere una simile impresa, deve sopportare grandi fatiche, consacrare una grande parte del proprio tempo allo studio e alla ricerca. Tuttavia il nostro scopo, in questo breve trattato, E solo quello di dare una breve spiegazione delle principali questioni riguardanti la straordinaria personalità di questo santo Imam (as) e i salvanti principi contenuti nel Nahj-ul-Balaghah. A tale scopo, citeremo le parole di alcuni dei grandi sapienti shi°iti e di studiosi che hanno consacrato una grande parte della loro vita allo studio delle tradizioni di questa preziosa opera.

Sayyid Ja°far Hosseini
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1. (as) abbreviazione di “‘aleyhi-ha-hum assalam”, “che la pace sia su di lui-lei-loro”, che viene utilizzato accanto ai nomi dei profeti, degli angeli, dei puri Imam e delle donne del Paradiso (Khadija, Fatima, Maria, Asya ) e secondo alcuni pareri viene usato anche accanto a nomi di altre donne come Zeynab, Ruqayya, Oum Kulthum,Fatima Masuma ...

2. (S) abbreviazione di “salla allahu wa alehi wa aliyhi wa sallam”: “pace e benedizioni di Allah (SwT) su di lui e sulla sua famiglia”.

3. Yunabi´u-l-Mawaddah (di Sulaiman Ibni Ibràhim Al-Qanduziyy Al-Hanafiyy): vol. 1, pag. 364, cap. 40, hadith n. 5.

4. Traduzione e Commento del Nahj-ul-Balaghah: vol. 1, pag. 3.
Chiunque abbia una buona conoscenza della lingua araba sa che lo stile del Sacro Corano E impareggiabile. Nessun libro, nessun discorso, nessuna poesia E in grado di superarlo; esso esprime elevatissimi concetti attraverso frasi straordinariamente concise ed eleganti, e questo E uno dei tanti aspetti della natura miracolosa di questo celeste libro: nessuno sarà mai in grado di esprimersi come fa il Sacro Verbo di Allah (SwT)1.

A tal proposito, lo stesso Corano afferma:

“{O Profeta} se anche tutti gli uomini e i jinn si riunissero per creare qualcosa di simile a questo Corano, non ci riuscirebbero, quand’anche si aiutassero gli uni con gli altri” (Santo Corano,17: 88).

I letterati di tutte le nazioni e di tutte le religioni ammettono che il Nahj-ul-Balaghah possiede un inimitabile stile. A titolo d’esempio citeremo di seguito le affermazioni di alcuni di questi dotti.

Il grande sapiente shi°ita Sayyid Raziyy, che era uno dei maggiori letterati della sua epoca e che consacrò molti anni della sua nobile vita alla raccolta delle straordinarie tradizioni del Nahj-ul-Balaghah, nella prefazione di quest’opera afferma: “…Il Principe dei Credenti E un’infinita fonte di eloquenza, anzi, ne E l’origine. Lui ha svelato i segreti di quest’arte e dalle sue parole sono state tratte le regole dell’eloquenza. Ogni abile oratore si fa guidare dal suo metodo, cerca aiuto nelle sue parole, ma, nonostante ciò, egli E sempre il migliore, il sommo maestro d’eloquenza… In effetti, nelle sue parole vi sono i segni della scienza divina, esse emanano il candido profumo delle parole del santo Profeta”.

Il Raziyy, dopo aver citato il sedicesimo sermone del Nahj-ul-Balaghah, afferma: “In questo sermone, che E una delle massime espressioni di eloquenza e facondia, sono nascosti sublimi concetti, che nessun acuto sapiente E in grado di penetrarne la realtà… In esso notiamo sublimi dettagli di eloquenza, che nessuno E in grado di spiegare e comprendere. Queste mie parole possono essere comprese solo dai dotti!”2

Izzu-d-Din Abdu-l-Hamid Ben Abi-l-Hadid Al-Mu´taziliyy, celebre dotto sunnita del settimo secolo dell’egira e noto esegeta del Nahj-ul-Balaghah3, nel suo commento alla celebre opera del Raziyy esalta più volte l’eccezionale stile di questa straordinaria opera. Nella prefazione del commento, a proposito di °Ali (as) e del Nahj-ul-Balaghah, scrive: “…°Ali (as) E la guida, il signore degli oratori. A proposito della sua parola (il Nahj-ul-Balaghah) E stato detto che essa E inferiore alla parola del Creatore e superiore a quella delle creature. E attraverso le sue parole che gli uomini imparano a parlare e a scrivere correttamente…”4

Egli, in più punti di questo commento, esalta il Nahj-ul-Balaghah con sorprendenti espressioni. Di seguito citeremo alcuni di questi casi.

Nell’undicesimo volume (pag. 153), dopo avere commentato parte del 223° sermone, afferma: “…Se tutti gli oratori arabi si riunissero in un luogo e fosse letto loro questa parte del sermone, sarebbe opportuno che essi si prosternassero per esso, come del resto fecero i poeti arabi quando sentirono la famosa poesia di Udai Ibni-r-Riqà´. Quando fu chiesto loro il motivo di questo gesto, essi affermarono: ‘Noi, in poesia, sappiamo dove dobbiamo prosternarci, come del resto voi, nel Corano, sapete a che versetti dovete prostrarvi ’”.

Nel settimo volume (pag. 214), quando paragona la parola di °Ali (as) con quella di Ibni Nabàtah5, celebre oratore del quarto secolo dell’egira, afferma: “Se gli esperti di oratoria esaminassero, con assoluta imparzialità, queste parole di °Ali (as), capirebbero che una riga di Nahj-ul-Balaghah E pari, anzi superiore a mille delle celebri righe scritte da Ibni Nabàtah”.

Nel secondo volume (pag. 84), dopo aver citato uno dei forbiti sermoni di Ibni Nabàtah, riguardante la jihad, nel quale egli cita una delle sublimi sentenze dell’Imam °Ali (as), Ibni Abu-l-Hadid afferma: “Guardate come questa sentenza di °Ali (as) risalta in questo sermone di Ibni Nabàtah, risplendendo di viva e pura eloquenza. Essa dichiara a chi la sente che deriva da fonte ben distinta da quella da cui deriva il resto del sermone. Giuro su Dio che questa unica frase ha donato al sermone di Ibni Nabàtah una grazia simile a quella che donerebbe un versetto coranico in un discorso normale ”

Nel settimo volume (pag. 201), commentando il 109° sermone, dice: “Chiunque voglia imparare a parlare in modo elegante, a comprendere il valore delle parole quando vengono confrontate fra di loro… rifletta allora su questo sermone!

Jàhiz, uno dei maggiori letterati arabi (visse nel terzo secolo dell’egira), nel terzo volume della sua celebre opera “Al-Bayàn Wa-t-Tabyin”, dopo aver citato alcune delle sentenze di °Ali (as), tra cui la seguente sentenza: “Il valore di ogni uomo E {pari a} quello che sa”6, afferma: “Se in questa {mia} opera non ci fosse stata che questa sentenza, sarebbe stato sufficiente, anzi più che sufficiente: la migliore parola E quella breve, che ci evita di usare molte parole, E quella dotata di significato chiaro e manifesto.

E come se Dio avesse donato a questa sentenza una veste di splendore e magnificenza, l’avesse ricoperta di un velo di luce e saggezza, affinché sia in armonia con il puro intento, l’elevato pensiero e l’impareggiabile timor di Dio di colui che l’ha pronunciata. E bene sapere che lo stesso Sayyid Raziyy {nel Nahj-ul-Balaghah}, dopo aver citato questa sentenza, afferma: ‘Questa E una di quelle sentenze dall’inestimabile valore. Nessuna sentenza E in grado di reggere il confronto con essa, nessuna parola può raggiungerla’”.

Concludiamo citando le parole del celebre scrittore cristiano George Jordag, riportate nel suo prezioso libro intitolato ‘L’Imam al Grido della Giustizia Umana’. Egli alla fine del capitolo dedicato alla personalità di °Ali (as), a proposito del Nahj-ul-Balaghah, afferma: “In materia di eloquenza E ineguagliabile, E un ‘corano’ disceso a un grado poco più basso, E una {sublime} parola che contiene in sé tutte le bellezze della lingua araba del passato e del futuro. E così eccelsa che E stato detto: “La sua {dell’Imam °Ali (as)} parola E inferiore a quella del Creatore e superiore a quella di ogni creatura (vol. 1, pag. 47)”7
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1. (SwT) abbreviazione di “Subh^ana wa Ta°ala”, Lode a Colui che E privo di ogni imperfezione, l’Altissimo.

2. Nahj-ul-Balaghah, pag. 37 (Ed. Daru-s-sagalain – Qum)

3. Il commento di Ibni Abu-l-Hadid consta di venti volumi e, come ha affermato lui stesso, E stato scritto in quattro anni e otto mesi, esattamente in un tempo pari alla durata del governo dell’Imam Ali (as).

4. Commento al Nahj-ul-Balaghah di Ibni Abu-l-Hadid, vol. 1, pag. 24.

5. Abdu-r-Rahim Ibni Muhammad Ibni Ismail Ibni Nabàtah (morto nel 374 A. H.).

6. Nahj-ul-Balaghah, pag. 512, 81° sentenza (Ed. Daru-l-Thaqalain – Qum).

7. Per maggiori informazioni consultare i seguenti testi:
‘At-Taràz’ di Amir Yahyà Alawi (Zaidy): vol. 1, pagg. 165-168.
‘Nazaràt Fi-l-Quràn’ del celebre scrittore Muhammad Gazàli: pag. 154.
‘Al-Jaridatu-l-Ghaybiyyah’ del celebre esegeta Shahabu-d- Din Àlusiyy.
‘Masàdiru Nahj-ul-Balaghah’ di Muhammad Muhyi-d-Din Abdu-l-Hamid: vol. I, pag. 96).
‘Sharhu Nahji-l-Balagah’ del celebre scrittore e Imam sunnita Shaykh Muhammad Abduh, prefazione dell’opera, pagg. 9 e 10.
‘Tazkiratu-l-Khawàss’ del celebre oratore ed esegeta sunnita Sibt Ibni Al-Jawziyy: cap. 6, pag. 128.
Tra i principali pregi del Nahj-ul-Balaghah possiamo ricordare la sua eccezionale universalità e il suo profondo contenuto. La persona che lo legge e lo studia con attenzione, non appena si accorge dei suoi straordinari pregi, rimane sbalordita: com’E possibile che un uomo abbia pronunciato tutte queste nobili e profonde parole, che trattano i più disparati rami della scienza e del sapere. In verità, quest’impresa riesce solo a un uomo come l’Imam °Ali (as), il cui cuore E lo scrigno dei segreti divini e il cui spirito E un immenso oceano di sapienza. A tal proposito, lo stesso °Ali (as) dice: “Il Messaggero di Allah mi ha insegnato mille rami del sapere, da cui si ramificano per me altri mille rami”1.

Di seguito citeremo le affermazioni di alcuni dotti riguardo a questo argomento.

Sayyid Raziyy, talvolta, nel Nahj-ul-Balaghah, fa delle brevi e profonde osservazioni riguardo all’eccezionale contenuto di questa opera, che devono essere esaminate attentamente. Ad esempio, dopo aver citato il 21° sermone: “…La Fine {il Giorno del Giudizio} E dinanzi a voi e, dietro di voi, l’Ora {la morte} vi spinge. Alleggeritevi per non rimanere indietro! Voi siete stati messi in attesa dei sopravvissuti…”, Sayyid Raziyy afferma: “Se queste parole venissero paragonate con quelle di chiunque altro, eccetto quelle di Dio e del Suo Messaggero, sicuramente risulterebbero superiori”2

Il celebre esegeta del Nahj-ul-Balaghah, Ibni Abu-l-Hadid Al-Mu´taziliyy, nell’undicesimo volume del suo commento (pag. 153), dice: “Io sono esterrefatto dall’uomo che in campo di battaglia parla con il coraggio di un leone, e, in quello stesso campo, consiglia la gente come un dolce eremita, che non versa nemmeno il sangue degli animali, ne si ciba della loro carne.

A volte diventa Bastam Ibni Gais o Utaibah Ibni Hàrith o ´Amir Ibni At-Tufail (che erano tre celebri eroi dell’era preislamica), e a volte invece diventa come il saggio Socrate, come Giovanni, come Gesú figlio di Maria. Giuro su Colui sul Quale giurano i popoli, che io, negli ultimi cinquant’anni, ho letto questo sermone (il sermone Al-Hàkumu-t-Tàkathur)3, più di mille volte e ogni volta sono stato colto da paura accompagnata da un profondo senso di consapevolezza.

Ogni volta, la lettura di questo sermone lasciava nel mio cuore un profondo segno, mi faceva tremare. Ogni volta che ho riflettuto sul suo contenuto, mi sono venuti in mente i miei parenti e miei amici defunti, e ho sempre pensato che, in questo sermone, l’Imam si rivolge anche a me. Molti predicatori, molti oratori hanno trattato questo argomento, e molte volte ho avuto modo di leggere e sentire le loro parole, tuttavia mai hanno avuto su di me lo stesso effetto che ha avuto questo sermone”.

Nel sedicesimo volume del suo commento, Ibni Abu-l-Hadid (pag. 146) afferma: “SubhànAllah! Chi ha donato tutte queste virtù, tutti questi meriti a questo eccezionale uomo! Com’E possibile che un uomo che ha sempre vissuto alla Mecca e non ha mai avuto nessun contatto con nessun filosofo, sia più sapiente di Platone e Aristotele nelle scienze divine e filosofiche; Egli, pur non avendo mai frequentato i grandi dell’etica e della gnosi, era, in queste scienze, {nettamente} superiore a Socrate. Egli, pur non essendo cresciuto tra gli eroi (gli abitanti della Mecca erano per lo più mercanti, non guerrieri), E diventato lo stesso l’uomo più coraggioso della storia…”4
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1. Kanzu-l´Ummàl, cap. 6, pag. 392 e 405.

2. Nahj-ul-Balaghah, sermone 21, pag. 42 (Ed. Daru-l-Thaqalain).

3. Nahj-ul-Balaghah, sermone 221, pag. 350 (Ed. Daru-l-Thaqalain).

4. Per maggiori informazioni, consultare le seguenti opere:

‘Al-Kashkul’ dello Shaykh Al-Bahàiyy (vol. 3, pag. 397)
‘Abqariyyatu-sh-Sharif Ar-Raziyy’ del dott. Zakiyy Mubàrak (vol. 1, pag. 396)
‘Al-Abqariyyàt’ di Abbas Mahmud Al-Uqàd Al-Misriyy (vol. 2, pagg. 138, 144, 145)
‘Masàdiru Nahj-ul-Balaghah’ di Muhammad Amin Nawàwi (vol. 1, pag. 90)
‘Al’Ksulu-l-Kàfiyy’ di Kolayni (vol. 1, pag. 136).
‘Al-Bayàn’ di Sayyid Abu-l-Jàsim Al-Khu’iyy (pag. 90).
Tutte le persone che studiano attentamente il Nahj-ul-Balaghah, parlano dell’eccezionale forza attrattiva di questa sublime opera e ammettono di essere stati fortemente attratti da essa. Questa immensa forza attrattiva, facilmente percettibile in tutti i sermoni, in tutte le lettere e le sentenze del Nahj-ul-Balaghah, E stata la principale causa che ha spinto alcuni dotti a commentare questo libro o a scrivere libri e trattati sulla straordinaria personalità dell’Imam °Ali (as). Ci proponiamo ora di mettere in luce questa magnifica forza di attrazione e i suoi diversi aspetti.

Le nozioni di gnosi ed etica contenute nel Nahj-ul-Balaghah sono in grado di saziare ogni individuo bramoso di sapienza e saggezza. L’Imam °Ali (as), in molti sermoni (come, ad esempio, il primo e il novantunesimo), quando parla di Dio e dei Suoi attributi, raggiunge tali vette di spiritualità che il lettore ha la sensazione di essere sulle ali degli angeli e di ascendere ai più alti livelli del pensiero umano. Egli pensa di leggere le parole di un grande filosofo, che per molti anni non ha fatto altro che meditare su Dio e parlare di Lui. L’Imam °Ali (as), nel farci conoscere Dio, usa parole così sublimi, che noi, leggendole e meditando su di esse, possiamo percepire la presenza del Signore in ogni luogo, nei cieli, sulla terra, dentro di noi.

Nel Nahj-ul-Balaghah si parla, molto spesso, del prestare soccorso ai deboli e agli oppressi, del combattere la tirannia e l’iniquità, del diffondere la giustizia nella società, dell’eliminare ogni forma di discriminazione, dello spartire equamente i beni pubblici e del non preferire i propri parenti e i propri amici al resto della gente. A tal proposito, nel 224° sermone del Nahj-ul-Balaghah, leggiamo che quando Aqil, il fratello di °Ali (as), chiese all’Imam di dargli, dai soldi destinati a essere spartiti equamente tra la popolazione, tre chili di grano in più, egli si rifiutò e lo riprese severamente. °Ali (as), il Principe dei Credenti, avverte che accanto alle grandi ricchezze accumulate della gente benestante v’E sempre l’ingiustizia, l’iniquità subita dagli indigenti: “Non ho mai visto una cospicua ricchezza, senza che accanto a essa vi sia un diritto calpestato”1.

Il Nahj-ul-Balaghah cerca sempre, in ogni occasione di liberare l’uomo dal giogo delle passioni, che lo umiliano e lo rovinano, s’impegna di salvarlo dalla tirannia e dalle ingiustizie delle classi benestanti e superbe. Nel terzo sermone, ad esempio, ci ricorda che nel restaurare la libertà, l’uguaglianza e la giustizia non bisogna mostrare la minima flessibilità. Fu per questi sublimi propositi, per questi nobili scopi che °Ali (as) accettò di governare la nazione islamica e cadde martire sulla via di Dio.

Il Nahj-ul-Balaghah e, in generale, le parole di °Ali (as), penetrano nelle profondità dell’anima di chiunque sia sinceramente alla ricerca della verità, lasciando su di essa un profondo segno. A tal proposito, E bene ricordare la storia di quel pio e devoto uomo che chiese ad °Ali (as) di fargli conoscere gli attributi del vero credente. L’Imam inizialmente si rifiutò, ma poi, quando l’uomo insistette, pronunciò uno straordinario sermone nel quale citò più di cento attributi del credente. L’uomo, dopo avere ascoltato il sermone, gridò e cadde a terra senza vita2. Dopodiché il santo °Ali (as) affermò: “Giuro su Dio che io temevo che gli accadesse ciò! Questo E l’effetto dei chiari e retti ammonimenti su coloro che ne sono degni?! ”

Sayyid Raziyy, che era lui stesso uno dei più grandi e celebri letterati arabi, dopo aver citato alcuni sermoni, fa commenti che dimostrano quale straordinario effetto abbiano avuto le parole del nobile °Ali (as) su di lui. Ad esempio, alla fine del 28° sermone, Raziyy dice: “Se esistono parole capaci di indurre gli uomini a non amare le cose materiali e a pensare alla propria vita ultraterrena, sono proprio quelle contenute in questo sermone! Esse sono in grado di allontanare l’uomo dalle vane aspirazioni terrene, di svegliarne la coscienza e di creare in lui un forte disgusto per il peccato e la trasgressione”

Ibni Abu-l-Hadid, commentando il 109° sermone, afferma: “L’effetto e l’attrattiva di questo sermone E tale che se fosse letto a un ateo, deciso a negare con tutte le sue forze la resurrezione, non riuscirebbe a resistere, il suo cuore rimarrebbe fortemente impressionato, la sua volontà negativa s’indebolirebbe e le sue convinzioni vacillerebbero. Che Iddio conceda la migliore ricompensa a colui che l’ha pronunciato, per il grande servigio che ha reso all’Islam. Straordinari furono i servigi che rese all’Islam: a volte con la spada, a volte con le parole e a volte con il cuore e il pensiero. Certo, egli E il Signore degli Eroi, il Migliore dei Predicatori, il Capo dei Dotti e dei Sapienti, la Guida dei Giusti e dei Monoteisti”3
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1. Nahj-ul-Balaghah, sermone 224, pag. 360 (Ed. Daru-l-Thaqalain).

2. Nahj-ul-Balaghah, sermone 193 (il Sermone dei Timorati di Dio), pag. 313 – 317 (Ed. Daruth-thagalain – Qum)

3. Commento al Nahj-ul-Balaghah di Ibni Abu-l-Hadid, vol. 7, pag.202.
Sayyid Raziyy, in tutto il Nahj-ul-Balaghah (sermoni, lettere e sentenze), per brevità, non ha mai citato i documenti, le prove che dimostrano l’autenticità delle tradizioni di questa straordinaria opera, non ha cioE riportato la catena di trasmissione degli ahadith che ha citato. Ciò ha portato alcuni a dubitare sull’autenticità di quest’opera, soprattutto quelli che credevano che l’esistenza di simili tradizioni, avrebbero potuto essere una salda e chiara prova a favore della dottrina shi°ita, un valido argomento capace di provare la netta superiorità di °Ali (as) sugli altri compagni del Profeta (S). Fu così che cercarono di isolare, di emarginare questa preziosa opera, di denigrarla dinanzi ai musulmani.

Tuttavia, visto che le tradizioni del Nahj-ul-Balaghah sono straordinariamente eleganti e profonde, grazie a Dio, queste insinuazioni non hanno avuto alcun effetto sul pensiero dei dotti musulmani. I sapienti islamici, shi°iti e sunniti, hanno sempre lodato ed esaltato questo libro, hanno sempre cercato di spiegarne il profondo contenuto. Infatti, il Nahj-ul-Balaghah, al pari del Sacro Corano, possiede numerose esegesi e traduzioni.

Chiunque mediti sulle tradizioni di quest’opera e venga a conoscenza di alcuni dei suoi segreti, ammetterà che queste parole provengono da un uomo eccezionale, non potrà negare che sono le più vicine parole a quelle del Profeta dell’Islam(S). E per questo motivo che la parola di °Ali (as) E stata considerata superiore a quella delle creature e inferiore a quella del Creatore. Da quanto abbiamo ora detto possiamo trarre le seguenti conclusioni.

Il sublime contenuto del Nahj-ul-Balaghah E una chiara e sicura prova del fatto che le sue tradizioni appartengono al Principe dei Credenti, °Ali Ibn Abu-Tàlib (as).

E impossibile che una persona normale o un dotto abbia inventato le straordinarie tradizioni del Nahj-ul-Balaghah e poi le abbia attribuite all’Imam °Ali (as). In effetti, se questa persona fosse timorata, non si macchierebbe mai di un simile peccato, mentre se fosse disonesta, che vantaggio ricaverebbe attribuendo queste tradizioni a un’altra persona. In effetti, se qualcuno avesse la capacità di pronunciare e scrivere simili parole, senza dubbio, le attribuirebbe a se stesso, per guadagnare, per sé e per i suoi discendenti, meriti e lodi, e passare per sempre alla storia.

A prescindere da quanto abbiamo ora detto, conoscendo l’eccezionale personalità, l’esemplare timor di Dio e l’assoluta fidatezza di Sayyid Raziyy, siamo sicuri che quando egli attribuisce una tradizione all’Imam °Ali (as), sicuramente ne ha prima accertato l’autenticità sulle attendibili raccolte di tradizioni islamiche.
L’autenticità del Nahj-ul-Balaghah secondo Ibni Abu-l-Hadid
Ibni Abu-l-Hadid Al-Mu´taziliyy, uno dei celebri dotti sunniti, nel suo Commento al Nahj-ul-Balaghah (vol.10, pag. 127), afferma: “Molte delle guide della gente schiava delle proprie passioni, affermano che la maggior parte dei sermoni del Nahj-ul-Balaghah sono stati inventati da alcuni letterati shi°iti, tra cui Sayyid Raziyy, e poi attribuiti all’Imam °Ali (as). Il fanatismo e la testardaggine ha reso questa gente incapace di vedere la verità, l’ha traviata dal retto sentiero.

Essi non hanno la minima conoscenza dell’arte oratoria e io, in poche righe, metterò in evidenza i loro errori. Voi che dubitate sull’autenticità del Nahj-ul-Balaghah, o affermate che esso E stato interamente inventato oppure dite che alcune delle sue tradizioni sono false, non sono autentiche. La prima ipotesi E decisamente falsa, poiché alcune tradizioni del Nahj-ul-Balaghah sono state trasmesse per così tante vie attendibili che E {matematicamente} impossibile che siano false. Quasi tutti i narratori di tradizioni islamiche e gli storiografi sunniti, hanno narrato molti dei sermoni del Nahj-ul-Balaghah ed E ovvio che, siccome non sono shi°iti, non E possibile accusarli di tendenziosità.

Quanto invece alla seconda ipotesi, dobbiamo dire che anche questa non E conforme alla verità: chi conosce l’arte oratoria, ha il gusto della letteratura e della poesia araba e ha qualche nozione di retorica, riuscirà sicuramente a distinguere un discorso facondo da uno non, uno eloquente da uno dotato di minore eloquenza… Il Nahj-ul-Balaghah E come un limpido ruscello, possiede una straordinaria armonia; l’occhio attento ed esperto E sicuramente in grado di notare che le tradizioni di questo libro provengono tutte da un’unica fonte di scienza e saggezza.

Il Nahj-ul-Balaghah E come il Sacro Corano: in ogni riga E possibile notare lo stesso straordinario stile, la stessa armonia. Se alcune delle tradizioni del Nahj-ul-Balaghah fossero state inventate, e solo una parte di esse appartenesse realmente all’Imam °Ali (as), questo libro non avrebbe avuto l’uniformità e l’armonia che possiede.

Prescindendo da quanto abbiamo finora detto, accettando questa ipotesi e dubitando sulle tradizioni del Nahj-ul-Balaghah, dovremmo dubitare su tutte le tradizioni islamiche, su ogni parola, su ogni discorso tramandato, e dire che E possibile che questa o quella tradizione sia stata inventata e attribuita ingiustamente al Profeta o a uno dei califfi. Ogni risposta data in difesa delle tradizioni del Profeta o dei suoi compagni, verrebbe dunque usata dai seguaci di °Ali (as) per difendere il Nahj-ul-Balaghah – e le altre sue tradizioni – e attribuirlo così al Principe dei Credenti”
L’autenticità del Nahj-ul-Balaghah secondo lo Shaykh Muhammad Abduh
Lo Shaykh Muhammad Abduh, un altro dei celebri dotti sunniti e grande mufti d’Egitto, nell’introduzione del suo commento al Nahj-ul-Balaghah, afferma, con assoluta decisione, che tutte le tradizioni contenute nel Nahj-ul-Balaghah appartengono al Principe dei Credenti (as), e dice: “Questo E un grande libro, che il nobile Sayyid {Raziyy} ha compilato selezionando alcune delle tradizioni del nostro signore e padrone °Ali Ibn Abu-Tàlib (as); egli ha chiamato quest’opera ‘Nahj-ul-Balaghah’.

Non conosco nome più adatto (per questo libro) che denoti meglio il suo significato, il suo contenuto. Io non sono capace di descrivere questo libro meglio di quanto fa il suo titolo, più di quanto ha fatto la persona che l’ha compilato”.
Le obiezioni d’Ibni Khallikàn sull’autenticità del Nahj-ul-Balaghah
Ibni Khallikan, nel libro ‘Wafayatu-l’A´yàn’ (vol.3, pag. 313), parlando di Sayyid Murtazà (fratello di Sayyid Raziyy), afferma: “…La gente dissente sull’autore del Nahj-ul-Balaghah: alcuni dicono che quest’opera E stata compilata da Sayyid Murtazà, altri l’attribuiscono a Sayyid Raziyy. E stato inoltre detto che il Nahj-ul-Balaghah non E parola di °Ali (as), ma E l’invenzione di chi l’ha compilato e l’ha attribuito ad °Ali (as), e Dio conosce meglio di chiunque altro la verità dei fatti!”

Apparentemente, Ibni Khallikan E stato il primo a criticare il Nahj-ul-Balaghah e a dubitare sulla sua autenticità. Dopo di lui fecero altrettanto anche Safadi, nell’opera ‘Al-Wafi Bi-l-Wafayàt’, Yàfi´i, nel libro ‘Miràtu-l-Janàn’ (vol. 3, pag. 55), Zahabiyy, nell’opera ‘Mizànu-l’i´Tidàl’ (vol. 1, pag. 101) e Ibni Hajar, nel libro ‘Lisànu-l-Mizàn’ (vol. 4, pag. 223). Altri ancora seguirono le orme di Ibni Khallikan, muovendo diverse obiezioni, contro le quali i sapienti shi°iti e sunniti hanno sempre opposto rigorose e salde argomentazioni.

Ibni Khallikan, sostanzialmente, ha mosso contro il Nahj-ul-Balaghah le seguenti due obiezioni:

la gente dissente sull’autore del Nahj-ul-Balaghah: alcuni dicono che quest’opera E stata compilata da Sayyid Murtazà, altri l’attribuiscono a Sayyid Raziyy;

il Nahj-ul-Balaghah E veramente parola di °Ali (as), oppure E l’invenzione di chi l’ha compilato?

Ci proponiamo ora di dimostrare l’inconsistenza di queste due obiezioni.

Per prima cosa diciamo che nessuno ha mai attribuito il Nahj-ul-Balaghah a Sayyid Murtazà! Sarebbe stato opportuno che Ibni Khallikan avesse citato almeno una delle persone che ha attribuito il Nahj-ul-Balaghah a Sayyid Murtazà. Prima dell’opera ‘Wafayatu-l’A´yàn’ sono stati scritti molti libri sul ‘Nahj-ul-Balaghah’, ma nessuno ha mai detto che v’E dissenso sull’autore di questo prezioso libro. Opere quali ‘Al-Majàzatu-n-Nabawiyyah’, Haqà’iqu-t-Ta’wil’ e ‘Khasa’isu’l’a’immah’, appartengono sicuramente a Sayyid Raziyy, il quale, in esse, ha ripetutamente detto che E stato lui stesso a compilare il Nahj-ul-Balaghah. Inoltre, il Raziyy, dopo molti dei sermoni del Nahj-ul-Balaghah, dà diverse spiegazioni, iniziando sempre con la frase: “Dice il Raziyy…”. Se Ibni Khallikan avesse letto almeno una volta questo nobile libro, non avrebbe fatto queste obiezioni. Insomma, chi non ha mai letto un libro o, riguardo a esso, non ha interrogato coloro che lo conoscono bene, come può mai dubitare su di esso?

Molti libri sono stati scritti prima del Raziyy, nei quali E possibile ritrovare, qua e là, buona parte delle tradizioni del Nahj-ul-Balaghah, attribuite al Principe dei Credenti(as). Ciò dimostra chiaramente che queste tradizioni erano già note tra la gente, soprattutto tra i dotti e i narratori di hadith, e venivano attribuite all’Imam °Ali (as). E forse per questo stesso motivo che Sayyid Raziyy non ha creduto necessario citare le catene di trasmissione di queste tradizioni. Secondo alcuni esperti di storia, la quantità di hadith di °Ali (as) noti tra la gente era, addirittura, assai maggiore di quella che il Raziyy ha raccolto e riportato nel Nahj-ul-Balaghah. E questo il motivo per cui all’inizio di quest’opera scrive: “Questa E una piccola raccolta di hadith, scelta tra le {tante} tradizioni del Principe dei Credenti”.

Jàhiz, celebre dotto sunnita, nell’opera ‘Al-Bayàn Wa-t-Tabyin’ (vol. 1, pag. 83), afferma: “I sermoni di °Ali (as) sono sempre stati scritti, conservati e conosciuti”

Mas´udi, noto esperto di storia, che visse circa un secolo prima del Raziyy, nell’opera ‘Muruju-z-Zahab’ (vol. 2, pag. 419), a proposito dei sermoni dell’Imam °Ali (as), afferma: “Ciò che la gente ha preservato dei suoi sermoni, consiste in circa quattrocentottanta sermoni”

Sibt Ibni Jawzi, celebre dotto sunnita, nel libro ‘Tazkiratu-l-Khawàss’ (pag.128), racconta che Sayyid Murtazà, fratello del Raziyy, disse: “Sono riuscito a trovare quattrocento dei sermoni del Principe dei Credenti…”

Sayyid Abdu-z-Zahrà Al-Husaini Al-Khatib, uno dei dotti della santa città di Najaf, nella sua preziosa opera ‘Masàdiru Nahj-ul-Balaghah Wa Asàniduh’, in una precisa ricerca, ha riportato le tradizioni del Nahj-ul-Balaghah citandole da centoquattordici diverse opere, venti delle quali appartengono a dotti che vennero prima del Raziyy. Alcuni sono addirittura vissuti prima della nascita di Sayyid Raziyy.

E bene poi sapere che lo stesso Raziyy, nel Nahj-ul-Balaghah, in alcuni casi, cita anche la fonte dalla quale ha preso la tradizione.
Le obiezioni di Zahabiyy sull’autenticità del Nahj-ul-Balaghah
Abbiamo già detto che le obiezioni fatte da Ibni Khallikan influenzarono alcuni dei dotti e degli studiosi che vennero dopo di lui, tra i quali possiamo ricordare il Zahabiyy, il quale, nell’opera ‘Mizànu-l’I´tidàl’ (vol. 1, pagg. 101 e 102), parlando di Sayyid Raziyy, fa le seguenti affermazioni: “°Ali Ibni-l-Husain Al-Musawi (Ash-Sharif Al-Murtazà Al-Mu´taziliyy), autore di diversi libri, mori nell’anno 430 (A.H.), all’età di ottant’anni. Egli E accusato di aver creato il Nahj-ul-Balaghah. Egli conosceva molto bene diverse scienze. Chiunque legga la sua opera, il Nahj-ul-Balaghah, acquisterà la certezza che essa E stata attribuita falsamente, ingiustamente al Principe dei Credenti”.

Tutte le riposte che abbiamo dato alle obiezioni d’Ibni Khallikan, sono adatte anche a rispondere alle inconsistenti e incongruenti obiezioni di Zahabiyy. Dalle sue parole comprendiamo facilmente che egli non ha nemmeno letto il Nahj-ul-Balaghah: egli attribuisce clamorosamente l’opera a Sayyid Murtazà, e lo accusa ingiustamente di aver inventato le tradizioni in essa contenute e di averle poi attribuite ad °Ali (as).

Egli esprime due errati giudizi:

- accusa Sayyid Murtazà di aver scritto il Nahj-ul-Balaghah, mentre quest’opera non appartiene a lui, riguarda bensi il nobile Sayyid Raziyy!

- afferma che chiunque legga l’opera non potrà dubitare sul fatto che essa E stata falsamente attribuita all’Imam °Ali (as). Nemmeno quest’ultima affermazione E corretta, poiché un grandissimo numero di dotti shi°iti e sunniti hanno letto e studiato il Nahj-ul-Balaghah, e nemmeno uno di loro ha mai detto di aver acquisito la certezza che le tradizioni contenute in esso sono false, inventate. A tal proposito, ricordiamo di nuovo ciò che Ibni Abu-l-Hadid, noto dotto sunnita, ha detto riguardo il 121° sermone del Nahj-ul-Balaghah: “Giuro su colui su cui giurano tutti i popoli, che finora, in cinquant’anni, ho letto questo sermone (il sermone Al-Hàkumu-t-Tàkathur)1, e ogni volta sono stato colto da paura accompagnata da un profondo senso di consapevolezza; ogni volta, la lettura di questo sermone, lascia nel mio cuore un profondo segno, mi fa tremare …”2
________________________
1. Nahj-ul-Balaghah, sermone 221, pag. 350 (Ed. Daru-l-Thaqalain).

2. Commento al Nahj-ul-Balaghah di Ibni Abu-l-Hadid Al-Mu´taziliyy, vol. 11, pag. 153.
Prima obiezione
Notiamo che nel Nahj-ul-Balaghah alcuni dei sahàbah {compagni} del Profeta (S) vengono criticati e offesi, vengono accusati di aver usurpato il califfato. Ora, dal momento che tutti i sahàbah del Profeta sono probi, non E giusto attribuire questo tipo di affermazioni ad °Ali (as), il Principe dei Credenti.1
Risposta
Il termine arabo ‘suhbah’ significa ‘frequentarsi’, a prescindere dal periodo più o meno lungo in cui ci si frequenta e a prescindere anche dal fatto che a frequentarsi siano due musulmani o un miscredente e un musulmano (Usdu-l-Ghàbah di Ibni Athir; vol. 1, pag. 3).

Tutte le scuole islamiche convengono sul fatto che con il termine ‘sahàbah’ {compagno} si indicano tutte le persone che, all’epoca del Profeta (S), sono entrate nell’Islam o hanno finto di avere accettato questa religione.

Molte delle scuole sunnite considerano probo ogni sahàbah, mentre le altre scuole islamiche sono di parere contrario, e sostengono che non esiste nessun valido motivo, nessuna prova per considerare tutti i sahàbah probi, anzi, tra i sahàbah del Profeta dell’Islam (S) (come tra quelli di ogni altro profeta) esistevano uomini retti e persone empie, e, addirittura, quelli che il Sacro Corano chiama munàfiqun, e cioE gli ipocriti, quelli che fingono di essere musulmani, ma in realtà sono nemici dell’Islam. Il Sacro Corano parla di queste tre categorie di persone, e dedica, addirittura, un’intera Sura ai ‘munàfiqun’.

Da quanto abbiamo detto ora, possiamo distinguere i sahàbah del profeta in tre categorie: i probi, gli empi e i munàfiqun.

E ormai chiaro che la teoria della probità di tutti i sahàbah E errata.

Questa teoria E contraria al Santo Corano, e, per dimostrarlo, citiamo tre esempi.

Il Signore Eccelso, nel settimo versetto della 61ª Sura del Sacro Corano, dice:

“E chi E più iniquo di colui che inventa menzogne contro Allah, nonostante venga chiamato all’Islam? E Allah non guida la gente ingiusta!”. (61:7)

Questo versetto si riferisce ad Abdullah Ibni Abi Sarh (che fu nominato da Uthmàn, durante il suo califfato, governatore d’Egitto). Egli menti contro Allah (SwT) e fu, per questa sua indegna azione, condannato a morte dal Profeta (S), che disse che era obbligatorio ucciderlo anche se si fosse aggrappato alle tende della sacra Ka´bah. L’autore dell’opera As-Siratu-l-Halabiyyah (nel capitolo riguardante la conquista della Mecca) scrive: “Uthmàn, nel giorno della conquista della Mecca, portò Abdullah Ben Abi Sarh dal Messaggero d’Allah (S), chiedendogli di graziarlo. L’Inviato di Allah (S) rimase in silenzio per un momento, nella speranza che qualcuno lo uccidesse – come spiegò, più avanti, lo stesso Profeta (S)– ma nessuno lo fece e il Profeta (S) ritenne opportuno di graziarlo”

In un altro versetto il Signore Eccelso afferma:

“E fra loro ci sono quelli che hanno promesso ad Allah che: ‘In verità, se ci darà della Sua grazia, daremo certamente elemosine e saremo sicuramente probi’. (Sura 9, versetti 75-77),

Quando poi Egli ha concesso loro della Sua grazia, ne sono stati avari e hanno voltato le spalle, rifiutandosi {di obbedire ai Suoi comandamenti}. Ebbene, {Allah (SwT)} ha lasciato {le tristi conseguenze de} l’ipocrisia nei loro cuori, {che vi rimarranno} fino al giorno in cui Lo incontreranno, e ciò perché violarono il patto che avevano stretto con Allah e per le menzogne che dicevano”.

Questi versetti si riferiscono alla storia di Tha´labah, che chiese al Messaggero d’Allah (S) di pregare Iddio affinché gli concedesse ricchezze. Il Profeta (S) gli disse: “O Tha´labah, guai a te! Avere pochi averi ed esserne riconoscenti a Dio, E meglio che avere grandi ricchezze senza essere capaci di esserne grati”. Tha´labah rispose: “Giuro sul Dio che ti ha inviato, che se il Signore mi concederà beni e ricchezze, io, sicuramente, darò a ogni avente diritto ciò che gli spetta”.

Il Profeta (S) pregò allora per lui e il Signore gli concesse una grande ricchezza, che continuò man mano a crescere, fino a raggiungere enormi proporzioni. Tuttavia, quando l’Inviato di Allah (S) gli chiese la zakàh dei suoi beni, egli, per avarizia, si rifiutò di pagarla, dicendo: “La zakàh E una forma di ‘jizyah’ {imposta che devono pagare le persone di fede non musulmana}, e, dal momento che io sono musulmano, non sono obbligato a pagarla”. Dopo la morte del Profeta (S), Tha´labah mandò la zakàh dei suoi beni ad Abú Bakr, che si rifiutò di riscuoterla, cosa che fece anche Umar qualche anno dopo, all’epoca del proprio califfato. Dopo alcuni anni, all’epoca del califfato di Uthmàn, Tha´labah peri.2

Il Signore Eccelso, nella Sura as-Sajda (della Prostrazione), dice: “Forse chi E credente E come chi E peccatore? Essi non sono uguali!”. (32:18)

Tutti gli esegeti e i narratori di hadith shi°iti e sunniti convengono sul fatto che il summenzionato versetto, con ‘credente’, si riferisce ad °Ali Ibn Abu-Tàlib (as), e con ‘peccatore’ a W°Alid Ibni Uqbah, che venne in seguito nominato governatore della città di Kufa dal califfo Uthmàn, e poi governatore di Medina da Muawiah e Yazid.3

Ora ci chiediamo se E possibile accettare la teoria che sostiene che tutti i sahàbah del santo Profeta (S) sono probi: nel primo esempio abbiamo visto che Abdullah Ibni Sarh menti contro Dio e volle falsificare il Suo libro. Egli E stato considerato, dallo stesso Corano, per questa sua indegna azione, il più iniquo degli uomini. Non si può dunque considerarlo probo e ben guidato, poiché, come dice lo stesso Corano: “…Allah non guida la gente ingiusta!”. Nel secondo esempio invece, Dio afferma che Tha´labah E un ipocrita e un mentitore. Nel terzo esempio infine, dice che Walid Ibni Uqbah E un peccatore, un dannato, e che egli non potrà mai liberarsi dal castigo dell’Inferno. Egli, a Kufa, quando era governatore di questa città, una mattina, in stato di ebbrezza, eseguì la preghiera del mattino (che secondo la legge islamica consta di due rak´ah) in quattro rakah, dicendo, alla fine dell’orazione, la seguente frase: “Volete che aumenti ancora il numero delle rak’ah?”

Nonostante tutto ciò, alcune scuole sunnite sono convinte del fatto che queste tre persone (Abdullah Ibni Sarh, Tha´labah, Walid Ibni Uqbah) sono probe, in quanto sahàbah del Profeta (S). I seguaci di queste scuole dicono che nessuno ha il diritto di smentirli, anzi li considerano puri, senza peccato, dicono che essi andranno tutti in Paradiso e che nessuno di loro andrà mai all’Inferno.

Bisogna dunque accettare le parole di Dio o seguire pedissequamente infondate ed errate teorie di questa o quella scuola?

Questa teoria, oltre a essere contraria ai versetti coranici, E altresi contraria alla tradizione {sunnah} del Profeta (S). A tal proposito, leggiamo insieme i seguenti hadith.

Zu-l-Thadiya, uno dei sahàbah del Santo Profeta (S), era un uomo, all’apparenza, pio e devoto, che lasciava sbalordita la gente con le molte preghiere e gli abbondanti atti di adorazione che eseguiva. Egli, tuttavia, E il miglior esempio attraverso il quale E possibile confutare la teoria della probità di tutti i sahàbah del Santo Profeta (S) servendosi della sua nobile tradizione. Infatti, il Messaggero di Allah (S), a proposito di lui, diceva sempre: “E un uomo sul cui viso v’E il segno di Satana!”

Ibni Hajar Asqalàniyy, nel libro ‘Al’isàbah Fi Tamyizi-s-Sahàbah’ (vol. 1, pag. 439), narra che un giorno il Messaggero di Dio (S) mandò Abú Bakr a uccidere Zu-l-Thadiya; Abú Bakr lo trovò in stato di preghiera e ritornò senza ucciderlo. Il Profeta (S) mandò allora Umar e anche lui disubbidi all’ordine del Santo Profeta (S) e ritornò senza ucciderlo. L’Inviato d’Allah (S) mandò dunque il probo °Ali (as), che non lo trovò, in quanto aveva già lasciato la moschea.

Ora ci chiediamo se E possibile che l’immacolato Profeta (S) dica che nel volto di un ‘sahàbah probo’ vi sono i segni di Satana? E mai possibile che il Profeta (S) ordini di uccidere un ‘sahàbah retto’?

E bene inoltre sapere che Zu-l-Thadiya era uno degli acerrimi nemici dell’Imam °Ali (as). Egli capeggiò infatti i Khawàrij {Kharijiti} e fu ucciso nella battaglia di Nahrawàn (come lo stesso Profeta aveva predetto all’Imam °Ali (as)).

Ahmad Ibni Shuaib Nisà’i, nell’opera ‘Khasà’isu Amir-al-Mu’minin Ali Ibn Abu-Tàlib’ (pag. 238, cap. 59, hadith n. 179), dice che Abú Sa´id ha detto: “Eravamo dal sommo Profeta ed egli stava spartendo il bottino di guerra. A un certo punto, arrivò Zu-l-Khuwaisirah, un uomo appartenente alla tribú dei Bani Tamim, e disse: “O Messaggero di Allah, sii equo!”. Il Profeta rispose: “Se non sono equo io, chi può allora esserlo? Se io non sarò equo, avrò peccato e sarò dei perdenti!”. Umar chiese al Profeta il permesso di uccidere quell’uomo, ma egli non glielo concesse, e disse: “Egli ha dei compagni, le cui orazioni e i cui digiuni sono tali che voi considerate le vostre preghiere e i vostri digiuni poca cosa in confronto alle loro. Essi recitano il Corano, senza che esso superi le loro gole. Escono dall’Islam come la freccia esce dal corpo della preda, senza minImamente sporcarsi, senza che colui che l’ha scagliata possa vedere su di essa la minima macchia di sangue.

Il loro segno di riconoscimento E un uomo dalla pelle scura, che ha un braccio simile al seno di una donna, a un pezzo di carne, in movimento (Zu-l-Thadiya). Essi si ribelleranno al migliore degli uomini {°Ali (as)}”. Abú Sa´id dice altresi: “Attesto che ho sentito questo hadith dal Messaggero di Allah, e attesto altresi che °Ali Ibn Abu-Tàlib (as) li ha combattuti {i Kharijiti} e io ero con lui. Alla fine della battaglia, °Ali (as) ordinò di trovare, tra i corpi degli uccisi, il corpo di quell’uomo, il quale fu trovato e portato da noi: era esattamente come lo aveva descritto il Messaggero d’Allah!”

Nell’opera ‘Siratu Ibni Hishàm’ (vol.3, pag. 235) leggiamo che un gruppo dei sahàbah del Santo Profeta (S) si erano riuniti in una casa e cercavano di allontanare la gente dal Messaggero di Dio (S), il quale ordinò di bruciare quella casa e distruggere così la combutta.

Mutaqqi Hindi, nell’opera ‘Kanzu-l´Ummàl’, scrive: “Il Messaggero di Allah ha maledetto Hakam Ibni ´Às Ibni Umayyah, zio di Uthmàn e padre di Marwàn Ibni-l-Hakam, e la sua progenie, dicendo: “Guai al mio popolo {che E minacciato} dalla progenie di Hakam Ibni ´Às!”. Si narra che Aishah disse a Marwàn: “Attesto che il Messaggero di Allah ti maledi assieme a tuo padre, quando non eri ancora nato”.

Il Messaggero di Dio (S) allontanò Hakam Ibni ´Às da Medina e lo mandò in esilio Marj, nei pressi della città di Tà’if, vietandogli di ritornare a Medina. Uthmàn, dopo la morte del Profeta (S), venne da Abú Bakr per intercedere in favore di suo zio, Hakam Ibni ´Às, permettendogli così di ritornare a Medina, ma Abú Bakr non accettò. Lo stesso fece con il secondo califfo, Umar Ibni-l-Khattàb, ma anche lui si rifiutò di esaudirlo.

Finché lo stesso Uthmàn divenne califfo e, violando l’ordine del Santo Profeta (S), contrariamente alla condotta assunta dai primi due califfi, fece ritornare, con tutti gli onori, lo zio, Hakam Ibni ´Às, alla città di Medina, donandogli centomila dirham e nominando suo figlio Marwàn alla carica di consigliere del califfo. E interessante sapere che Marwàn, con la sua condotta, causò l’assassinio del califfo Uthmàn (la gente lo chiamava ‘Khaytun Bàtil’, che significa ‘filo corrotto’). Marwàn, in seguito, conquistò il potere e si stabili in Siria, in qualità di califfo dei musulmani.

Nel libro ‘Siratu Ibni Hishàm’ leggiamo: “Dodici dei sahàbah del Profeta, che erano munàfiq {ipocriti, falsi musulmani}, per gettare discordia tra i musulmani, costruirono una moschea chiamata Masjidu-z-Ziràr, dicendo di averla costruita per compiacere Allah (SwT). Per ordine del Messaggero di Allah (S), quella moschea, che in realtà era un centro nel quale si tramavano inganni e congiure contro l’Islam e i musulmani, venne demolita.

Le sopraccitate tradizioni del sommo Profeta (S), e molte altre, che per brevità non possiamo qui citare, confutano, in modo chiaro e deciso, la teoria della probità di tutti i sahàbah del Santo Profeta (S). In effetti, le persone che il Messaggero di Dio (S) condanna a morte o quelle a cui fa distruggere e bruciare le dimore, non possono certamente essere persone probe e giuste! Coloro che, come dice il Sacro Corano, costruiscono la Moschea di Ziràr per gettare discordia tra i musulmani, come possono essere considerate persone rette e probe? Chi considera queste persone probe, nega in realtà la tradizione del nobile Profeta (S).

Riassumendo, possiamo dire che in base ai versetti e alle tradizioni citate non E assolutamente possibile accettare la teoria della probità dei sahàbah del Profeta (S) e, perciò, l’obiezione che abbiamo citato all’inizio di questo paragrafo, E da considerarsi decisamente inconsistente. Non v’E dunque nulla di male se l’Imam °Ali (as) critica alcuni dei sahàbah del Profeta (S) ed E insoddisfatto della loro condotta.

Inoltre, se E vero che in alcuni hadith del Nahj-ul-Balaghah il santo °Ali (as) critica e biasima alcuni dei sahàbah del Profeta (S), E anche vero che in altre tradizioni di questa sublime opera riserva i migliori elogi ai retti e fedeli sahàbah del Messaggero di Allah (S). A titolo di esempio, nel Nahj-ul-Balaghah, il sommo Imam (as) dice: “In verità, ai miei occhi nessuno E come i sahàbah di Muhammad (S).

Essi facevano mattina con i capelli sconvolti e i volti pieni di polvere: adoravano Iddio tutta la notte, prosternati e in piedi, alternavano il viso e la fronte, appoggiandoli dinanzi a Dio sulla terra. Al ricordo della risurrezione, si agitavano in modo tale che era come se bruciassero sul fuoco. Sulle loro fronti si poteva chiaramente vedere il segno di lunghissime prosternazioni. Se in loro presenza veniva pronunciato il nome di Dio, piangevano così tanto da bagnare, con le lacrime, i propri colletti. Essi, al pensiero del castigo che temevano e del premio che speravano di ricevere {da Dio}, tremavano come alberi in preda a un uragano ”4
Seconda obiezione
La lunghezza di alcuni sermoni e alcune delle lettere del Nahj-ul-Balaghah – come il Sermone degli Ashbàh e il ‘Patto di Màlik Ashtar’ – E superiore a quella che avevano i discorsi che venivano pronunciati e le lettere che venivano scritte agli inizi dell’Islam, all’epoca dell’Imam °Ali (as). E dunque lecito dubitare dell’autenticità di queste tradizioni.5
Risposta
La lunghezza e l’uniformità di un sermone, di un discorso, non E cosa che necessiti di tradizioni e regole. Nei primi anni dell’avvento della religione islamica, gli oratori pronunciavano sermoni e discorsi di tutti i tipi: alcuni pronunciavano per lo più discorsi lunghi e solo raramente sermoni brevi; altri invece si comportavano in modo contrario. Insomma, era l’oratore, a seconda dei casi e delle circostanze, a decidere della durata del suo discorso, del suo sermone.

Jahiz, nell’opera ‘Al-Bayàn Wa-t-Tabyin’ (vol. 1, pag. 50), afferma: “Si narra che Qais Ibni Kharijah Ibni Sanàn, un giorno, dalla mattina alla sera, senza alcuna interruzione, abbia pronunciato un discorso senza ripetizioni né nelle frasi né nei concetti”.

Zakiyy Mubàrak, nell’opera ‘An-Nathru-l-Fanniyy’ (vol. 1, pag. 59), afferma: “Suhbàn Wa’il6, noto per i suoi lunghi sermoni, a volte parlava in pubblico per mezza giornata; nonostante ciò si narra che egli abbia anche pronunciato discorsi brevi”.

Da quanto abbiamo finora detto deduciamo che anche all’epoca dell’Imam °Ali (as), gli oratori pronunciavano discorsi lunghi.

Anche i sermoni e le lettere del santo °Ali (as) seguono questa norma: a volte sono assai lunghi e a volte corti e concisi.

Jàhiz afferma: “Umar non pronunciava sermoni molto lunghi, cosa che faceva invece °Ali Ibn Abu-Tàlib (as)”

Quanto abbiamo detto finora dimostra chiaramente l’inconsistenza di questa seconda obiezione.
Terza obiezione
Il Nahj-ul-Balaghah possiede una particolare rima e in esso si notano classificazioni quali, ad esempio: l’istighfàr {il chiedere perdono a Dio} ha cinque significati, la fede poggia su quattro pilastri. Ora, nei primi anni dell’avvento dell’Islam, nessuno conosceva questa tecnica espressiva, la quale si diffuse solo nell’epoca della dinastia abbasside, dopo la fine del periodo della ‘Jahiliyyah’, quando nacque la nuova letteratura araba. Concludiamo che E stato Sayyid Raziyy a scrivere il Nahj-ul-Balaghah in questo modo {usando queste tecniche sconosciute all’epoca di °Ali (as)}.7
Risposta
Parlare usando rime, se E fatto in modo naturale, senza affettazione, se non stanca coloro che ascoltano, E segno di eloquenza, facondia, e deve essere considerato un pregio per un discorso, un sermone. Se parlare, esprimersi usando rime E un difetto, perché allora troviamo ciò nel Sacro Corano, nelle tradizioni del Profeta (S) e nelle parole di molti degli oratori e dei letterati arabi? Così sono, ad esempio, le sure 51, 52, 53 e 91. Tra le tradizioni del Profeta (S) possiamo invece ricordare, a titolo d’esempio, le seguenti:

“Alà adullukum ´alà khayri Akhlàqi-d-Dunya Wa-l’àkhirah? Tasill man qata´ak, tu´ti man haramak, ta´tu ´amman zalamak” {Tuhafu-l´Uqul, pag. 45}

“Afshu-s-salàm wa at´imu-ta´àm wa silu-l’arhàm wa sallu-l-layli wa-n-nasu niyàm”

“Ayyuha-n-nàs! Ismà´u wa´u: man ´àsha màta, wa man màta fàta; wa kullu mà huwa àtin àtin, laylun dàja wa naharun sàja, wa…”

Concludiamo dunque che il fatto che alcune delle tradizioni del Nahj-ul-Balaghah contengano rime, E una decisa conferma della loro autenticità, e non può essere in nessun modo un motivo per dubitare sul fatto che esse appartengano realmente all’Imam °Ali (as).

Per quanto riguarda invece le classificazioni delle quali abbiamo parlato all’inizio, dobbiamo dire che esse, all’epoca dell’Imam °Ali (as), erano molto frequenti: le troviamo nelle parole e negli scritti degli oratori e dei letterati arabi, e, addirittura, anche in molte delle tradizioni del santissimo Profeta (S). A tal proposito, si faccia attenzione ad alcune di queste tradizioni:

“Esistono sei virtù che sono buone, ma quando appartengono ai seguenti sei gruppi acquistano un maggior valore: l’equità E cosa buona, ma quando questa virtù appartiene a coloro che detengono il potere, E cosa ancora migliore; la pazienza E cosa buona, ma quando questa virtù appartiene agli indigenti E cosa ancora migliore…” {Irshadu-l-Qulúb del Daylamiyy, pag. 233}

“O musulmani, guardatevi dall’adulterio, poiché esso causa sei disgrazie: tre in questo mondo e tre nell’aldilà. In questo mondo: disonora, fa cadere nell’indigenza e abbrevia la vita. Nell’aldilà, invece, provoca l’ira divina, rende difficile la resa dei conti nel Giorno del Giudizio e viene castigato con la dannazione eterna”.

Esistono molte altre tradizioni contenenti simili classificazioni. Per maggiori informazioni a riguardo, si possono consultare le opere ‘Al-Khisàl’ del grande Shaykh Saduq, e ‘Al-Mawà´izu-l-Adadiyyah’.

Per concludere E opportuno ricordare che le tradizioni del Nahj-ul-Balaghah che contengono questo tipo di classificazioni, sono tutte autentiche e dotate di sicure e conosciute catene di trasmissione.

Quanto abbiamo detto E più che sufficiente a dimostrare l’inconsistenza di questa obiezione.
Quarta obiezione
Nel Nahj-ul-Balaghah si parla di ‘wasàyah’ {tutela}, ‘wasiyyah’ {testamento} e di °Ali (as) in qualità di ‘wasiyy’ {successore}. Ora, questi termini compaiono solo nelle parole e negli scritti di Sayyid Raziyy, e, prima di lui, non venivano assolutamente usati. E questa dunque una prova del fatto che il Nahj-ul-Balaghah E stato scritto da Sayyid Raziyy e poi falsamente attribuito ad °Ali Ibn Abu-Tàlib (as).8
Risposta
La questione del testamento {wasiyyah} del sommo Profeta (S) e dell’Imam °Ali (as) come successore {wasiyy} del Profeta (S), E sempre stato un problema noto e discusso, addirittura, già dall’epoca del sommo profeta Muhammad (S). Di tale questione parlano la maggior parte dei commenti coranici, delle raccolte di tradizioni, dei libri di storia, di teologia e di poesia.

Il grande Ayatollah Amini, nella sua storica opera (in undici volumi) Al-Ghadir, cita le opere di tutti i poeti che hanno composto versi per ricordare l’evento di Ghadir, dall’epoca del Santo Profeta (S) fino ai nostri giorni. Oltre a ciò ricordiamo la tradizione di Ghadir, la cui autenticità E accettata, con assoluta decisione, da shi°iti e sunniti, da tutte le scuole islamiche. Essa E una delle più salde prove del fatto che °Ali (as) E l’immediato ‘wasiyy’ {successore} del sommo Inviato di Allah (S).

Secondo la legge islamica, ogni musulmano, E obbligato a fare testamento dei propri beni, dare disposizioni riguardo ai propri debiti e designare un ‘wasiyy’ {esecutore testamentario} che, dopo la sua morte curi l’esecuzione delle disposizioni testamentarie. Nel ‘Sahih di Bukhàri’ (vol. 3, pag. 2), e nel ‘Sahih di Muslim’ (vol. 4, pag. 10), leggiamo la seguente tradizione del santo Profeta Muhammad (S): “Nessun musulmano, che possiede qualche bene, ha il diritto di lasciare passare due sere senza fare testamento e conservarlo presso di sé”. Il ‘Sahih di Muslim’ aggiunge: “Ibni Umar disse: ‘Da quando ho sentito questo hadith dal Profeta, non ho dormito una notte senza avere con me il mio testamento ’”.

Considerando quanto abbiamo ora detto, ci chiediamo: perché il Profeta (S) avrebbe dovuto trascurare di fare testamento riguardo alla più importante delle questioni, e cioE la questione della sua successione alla guida della nazione islamica? A nostro parere E assurdo che il Profeta (S), che E immune da qualsiasi peccato, colpa ed errore, consideri obbligatorio il testamento per i beni di questo mondo, e poi trascuri se stesso di fare testamento spirituale riguardo alla fondamentale questione della sua successione alla guida della grande e complessa società islamica.

Certo, il santo Messaggero d’Allah (S) per ordine di Dio, l’Onnisciente, ha designato i suoi suc

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