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Tolleranza religiosa nell'Islam by : Sayyid Muhammad Rizvi

 

Traduzione di una conferenza tenuta da Sayyid Muhammad Rizvi dove spiegava e illustrava, dando vari riferimenti dal Sacro Corano e dalle Tradizioni (Ahadith).

Uno dei più importanti aspetti della questione dei diritti umani è il rispetto e la tolleranza che la società mostra rispetto alle bsdreligioni altrui; questo, ovviamente, include la questione della libertà di religione. Stasera vorrei parlare brevemente riguardo il punto di vista islamico sulla tolleranza religiosa.
L’Islam, come il Giudaismo e il Cristianesimo, crede nei profeti e messaggeri di Dio. Una modalità interessante per comprendere il punto di vista islamico sulla libertà di religione è guardare al ruolo dei profeti e messaggeri.

Sono stati essi inviati a condurre con la forza la gente verso i loro insegnamenti? A Mosè, Gesù e Muhammad venne ordinato dall’Altissimo di imporre i loro insegnamenti alla gente con la spada? Assolutamente no! Guardiamo al Corano, la sacra scrittura dell’Islam; le parole rivelate di Dio dove Egli chiaramente espone il dovere dei Suoi messaggeri dicendo:
“Al Messaggero [incombe] solo l'onere della trasmissione. Dio conosce quello che manifestate e quello che tenete nascosto” (5: 99)
Una persona tra le genti di Mecca chiese al Profeta Muhammad (S) del perché, se Dio non avesse voluto che essi adorassero gli idoli, Egli non gli aveva allora impedito con la forza dal fare ciò. Allora Dio inviò il seguente messaggio:
“(O Muhammad) Così agivano quelli che vissero prima di loro. Ma che altro compito hanno i messaggeri, se non la chiara trasmissione del Messaggio?”(16: 35)
Vediamo quindi che dal punto di vista coranico la missione dei profeti e messaggeri di Dio non era di imporre con la forza i loro insegnamenti alla gente ma di guidarli e invitarli ad accettare Dio volontariamente. In una rivelazione, Dio dice al Profeta Muhammad (S):
“Se volgono le spalle, [sappi] che non ti inviammo loro affinché li custodissi: tu devi solo trasmettere [il messaggio].”(42:48)
Il Corano afferma chiaramente che la religione non può essere imposta a nessuno. Esso dice:
Non c'è costrizione nella religione”.
Perché? Perché
“la retta via ben si distingue dall'errore” (2: 256).
 
L’esempio del Profeta (S)
Il Profeta dell’Islam (S) affrontò molte difficoltà e opposizioni nel suo luogo di nascita, la città di Mecca. Egli venne poi obbligato ad emigrare a Medina. Ma nonostante tutta l’opposizione e anche le torture fisiche che i suoi seguaci subirono a Mecca, il Profeta Muhammad (S) approcciò sempre con tolleranza i miscredenti di Mecca. Ad un tratto della sua missione, il Profeta (S) lesse loro un breve capitolo dalla rivelazione:
Di’: «O miscredenti!
Io non adoro quel che voi adorate
e voi non siete adoratori di quel che io adoro.
Io non sono adoratore di quel che voi avete adorato
e voi non siete adoratori di quel che io adoro:
a voi la vostra religione, a me la mia». (Sura 109)
Quando il Profeta Muhamma (S) emigrò a Medina, egli trovò che, oltre coloro che avevano accettato l’Islam, in questa città era presente una grande comunità ebraica. Ma questo non lo ha infastidito. Egli non contemplava la possibilità di obbligarli ad abbracciare l’Islam. Al contrario, egli stipulò con essi un accordo di pace e li chiamò ahlul kitab – la gente del Libro. Questo fu l’esempio supremo di tolleranza mostrato rispetto ai seguaci di altre religioni. L’accordo di pace tra il Profeta e gli ebrei di Medina garantì chiaramente la salvezza fisica e la sicurezza della comunità ebraica ed anche la libertà di praticare la loro religione liberamente, finché la stessa comunità avesse rispettato i termini dell’accordo.

Vediamo quindi che anche storicamente il Profeta dell’Islam (S) era preparato a vivere in pace con i seguaci di altre religioni monoteistiche, specialmente Giudaismo e Cristianesimo.

Anche le lettere che il Profeta (S) scrisse ai governanti di vari paesi e nazioni attorno all’Arabia rappresentano interessanti documenti per la nostra discussione. In nessuna lettera il Profeta (S) li minacciò di aggressione militare nel caso non avessero accettato il messaggio dell’Islam. La lettera al Re cristiano di Abissinia termina con le seguenti parole: “Io ho trasmesso il messaggio ed ora spetta a voi accettarlo. Una volta ancora, pace su colui che segue la vera guida”.

Abbiamo un interessante documento storico con noi, risalente al quarto Imam, ‘Ali Zaynu ‘l-‘Abidin (A). Questo documento è intitolato “Risalatu ‘l-Huquq” che significa “Il Trattato dei Diritti”. In questa “Risalah”, l’Imam ha menzionato i diritti relativi a varie questioni e persone nella società umana. L’ultima parte è sui diritti dei non-musulmani in una società islamica. Tra le altre cose, essa dice:

“Deve esservi una barriera ad impedirti dal compiere ogni ingiustizia nei loro riguardi, dal privarli dalla protezione che Dio gli ha garantito e dal violare gli accordi di Dio e del Profeta verso di loro. Perché ci è stato riferito che il Profeta ha detto: “Chiunque commette ingiustizia verso un non-musulmano sotto protezione, io sarò suo nemico (nel Giorno del Giudizio)".”

In una lettera che l’Imam ‘Ali (A) scrisse per il suo governatore in Egitto, egli dice: “Devi essere amabile, compassionevole ed amare i tuoi sudditi. Non comportarti con essi come una bestia rapace che li considera una facile preda, poiché essi sono di due tipi: o tuoi fratelli nella religione, o come te nella creazione (esseri umani).”2
Sfortunatamente, gli eventi che hanno avuto luogo dopo la Prima Guerra Mondiale fino ai giorni nostri hanno creato un’atmosfera, nel mondo occidentale, dove l’Islam è marchiato come una religione del terrore e dove i musulmani sono generalmente etichetti come terroristi. I libri storici, specialmente degli orientalisti, amano presentare l’immagine dei musulmani come brandenti il Corano in una mano e la spada nell’altra – implicando con questo che ovunque i musulmani siano, lascino soltanto due scelte alle genti conquistate: l’Islam o la morte.

Storici più seri hanno comunque sfidato questa immagine distorta dei musulmani. Non si nega che i musulmani in Medio Oriente e Asia abbiano conquistato terre di altre genti, ma senza imporre ad esse la propria religione. Vi è una chiara distinzione, nella storia, tra “l’espansione degli stati musulmani” e “l’espansione dell’Islam” come religione. I musulmani, ad esempio, hanno dominato l’India per molti secoli, ma la maggioranza dei suoi cittadini è sempre rimasta non-musulmana.

L’India cadde sotto il governo musulmano con la forza, ma l’Islam penetrò tra le genti dell’India attraverso la propagazione e l’esempio dei sufi. Questo è un fatto che è stato chiaramente esposto dal famoso scrittore-giornalista dell’India, Khuswant Singh, nel primo volume del suo “The History of Sikhs”.

Il tempo non mi permette di addentrarmi nella discussione più di quanto fatto, ma lasciatemi dire una cosa sulla questione della tolleranza rispetto alle minoranze e alla libertà di praticare la religione: se noi compariamo l’attitudine dei governanti musulmani verso le minoranze che vivevano sotto i loro regni durante il diciannovesimo secolo – con l’attitudine degli europei e degli americani verso le loro minoranze, devo dire che la bilancia pende decisamente a favore dei musulmani. Penso sia sufficiente citare Roderic H. Davison, un prominente storico occidentale dell’Impero Ottomano. Sulla questione della tolleranza rispetto alle minoranze, Davison scrive:

“E’ stato infatti detto che i turchi erano meno oppressivi sulle popolazioni che avevano assoggettato rispetto ai prussiani verso i polacchi, gli inglesi verso gli irlandesi, o gli americani verso i negri…E’ provato che in questo periodo (lo scorso 19esimo secolo), vi fu un’emigrazione dalla Grecia indipendente verso l’Impero Ottomano poiché alcuni greci ritennero il governo ottomano un padrone più indulgente [del loro stesso governo greco]”.3
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1. Dell’autore, figlio del noto Allamah Sayyid Sa’eed Akhtar Rizvi, e lui stesso Imam della Moschea di Toronto (Canada), il gruppo di traduzione dell’Associazione Islamica Imam Mahdi (A), oltre a diversi articoli già presenti sul nostro sito, ha tradotto e stampato in italiano i seguenti libri: “Il Khums”, “Un’introduzione alla Shariah Islamica” e “Matrimonio e morale nell’Islam”. Chiunque desideri riceverli può contattarci al nostro indirizzo di posta elettronica o postale.

2. Nahjul Balagha, lettera 53.

3. Reform in the Ottoman Empire 1856-1876 [New Jersey, Princeton University Press, 1963], p. 116